“”Il capitale non è una cosa, bensì un rapporto sociale” (Marx). Per Marx, tutti i fenomeni sono storici; e appunto nella loro condizionalità storica egli ne cerca il contrassegno costitutivo. Quindi non è strano, che dal punto di vista del marxismo lo Stato rappresenti in tutto e per tutto una categoria storica, e precisamente una categoria della società di classi. Ma per lo Stato l'”essenziale” non è già il fatto d’essere un apparato centralizzato, bensì il fatto che tale apparato centralizzato dà corpo ad una determinata relazione tra le classi, e precisamente alla relazione del dominio del potere, dell’oppressione e dell’asservimento. E’ l’apparato che ‘scomparirà’ insieme con lo scomparire delle classi e dell’ultima forma di dominio di classe, della dittatura del proletariato (1). Tra gli studiosi borghesi, quelli che più s’avvicinano alla verità sono Gumplowicz ed Oppenheimer, i quali risentono fortemente l’influenza di Dühring” [N. Bucharin, ‘L’economia del periodo di trasformazione’ (in)  ‘Rassegna comunista, teoria – critica – documentazione del movimento comunista internazionale, edita dal Partito comunista d’Italia, Milano, N° 25  15 luglio 1922, pag 1227-1236] [(1) “Questa concezione è stata completamente travisata dai socialdemocratici. Essa già sin dall’inizio della guerra fu energicamente sostenuta dall’autore del presente lavoro in una serie d’articoli di riviste e di giornali: nella “De Tribune” olandese (articolo “De nieuwe lijfeigenschap” (la nuova servitù della gleba), 25 Nov. 1916 e segg.), nell’organo della rivista norvergese “Klassenkampen”, nell'”Arbeiterpolitik” di Brema, e finalmente nella rivista svizzera “Jugendinternatinoale”, come pure in articoli polemici sul “Novi Mir” di Nuova York. – Tra i lavori dei classici del marxismo, cf. Engels, ‘Ursprung’ ecc; lo stesso, ‘Anti-Dühring’; lo stesso,’Dell’autorità’ ecc. (‘Neue Zeit’, 32 I); Marx ‘Kritische Randglossen’ ecc. (Nachlass, vol II, p. 50); lo stesso, ‘Zur Kritik der Hegelschen Rechtphilosophie’ ecc. – Il lettore potrà trovare un’ottima illustrazione di tale questione, insieme con una collezione dei relativi testi di Marx ed Engels, nello “Stato e rivoluzione” del comp. Lenin – Alla stessa guisa dei socialdemocratici, anche i professori borghesi non hanno capito la dottrina comunista di Marx. Così p.e. Adolf Wagner (“Staat in nationalökonomischer Hinsight” [lo Stato sotto il rapporto dell’economia]), nel ‘Vörterbuch der Staatswissenschaft’, scrive che lo “Stato” socialista può avere “alla più elevata potenza” tutti i caratteri dello Stato, giacché il carattere classista dello Stato moderno sarebbe soltanto il prodotto d’un “abuso” (precisamente alla stessa guisa di Böhm-Bawerk, per il quale la speculazione è un “abuso” e il profitto rimarrà anche nello Stato socialista, naturalmente crescendo spontaneamente sugli alberi!). Jellinek, ‘Allgemeine Staatslehre’ (teoria generale dello Stato) “capisce” Marx allo stesso modo di Wagner: soltanto che la “teoria del potere” gl’incute un sacro terrore, e lo spinge a dichiarare, che “la conseguenza pratica di essa non è già il rafforzamento, bensì la distruzione dello Stato” (p. 175), e che tale teoria apre l’adito alla rivoluzione in permanenza. Cf. Gumplowicz, ‘Geschichte der Staatstheorien’ (storia delle teorie sullo Stato), p. 373 sgg.”]