“Le idee di “nazione”, “nazionalità”, “federazione”, hanno radici profonde nell’elaborazione teorica del socialismo. (…) Con Marx ed Engels quelle idee furono riprese e dibattute sul terreno di un internazionalismo “scientifico”, in connessione alla dialettica della lotta di classe e all’obiettivo della rivoluzione proletaria. (…) E’ noto però che Marx ed Engels nel corso della loro lunga riflessione sulla “questione nazionale”, tra i moti quarantotteschi e gli anni ’80, evitarono scrupolosamente di fissarne la soluzione in una formula codificata. Come nel caso della guerra, anche per la questione nazionale essi adattarono di volta in volta i loro giudizi alle circostanze particolari e a un’attenta analisi delle forze che erano in gioco e dei fini che si proponevano. Comunque, nella variabilità delle loro valutazioni è possibile cogliere una costante irrinunciabile, e cioè che in ogni caso i movimenti di liberazione nazionale vanno subordinati e commisurati in funzione del progresso sociale e della rivoluzione europea. Questa costante è per molti versi legata alla preoccupazione principale con cui Marx ed Engels affrontarono l’argomento, ovvero al ruolo che essi attribuivano agli Stati plurinazionali come l’Austria-Ungheria, l’Impero ottomano e soprattutto la Russia zarista, definita come “la più grande riserva della reazione europea” e perciò massimo ostacolo alla vittoria della rivoluzione proletaria nel continente” [Renato Monteleone, ‘Le ragioni teoriche del rifiuto della parola d’ordine degli Stati Uniti d’Europa nel movimento comunista internazionale’] [in ‘L’idea dell’Unificazione Europea. Dalla Prima alla Seconda guerra mondiale. Relazioni tenute al convegno di studi svoltosi presso la Fondazione Luigi Einaudi (Torino, 25-26 ottobre 1974)’, a cura di Sergio Pistone, 1975]
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- Articolo pubblicato:23 Maggio 2013