“Rispetto a questa tematica risulta decisiva l’interpretazione del celebre “frammento sulle macchine”, in cui Marx si spinge ad esplorare la tendenza storica nella sua massima tensione dialettica, fino a ipotizzare un passaggio ‘diretto’ dal capitalismo al comunismo. E’ proprio il “frammento” a rivelare le ambiguità del discorso del III libro del ‘Capitale’ sul regno della necessità e il regno della libertà. L’applicazione al “frammento” delle più mature categorie del ‘Capitale’ (che è stata tentata da alcuni, con evidenti limiti ideologici), ne suggerisce infatti una lettura in chiave oggettivistica, che giunge infine a delle conclusioni contraddittorie. Da un lato l’ideologia del progresso (e quindi della neutralità) delle forze produttive, l’idea di un fiorire spontaneo della libertà sulla necessità dominata che, nella prospettiva di una transizione diretta al comunismo già dentro il capitalismo, appare garantito dalle stesse potenzialità positive della tecnica e dell’automazione. Dall’altro l’utopia di un libero sviluppo della individualità che, nella stessa prospettiva di un passaggio diretto dal capitalismo al comunismo, appare priva di ogni concreta fondazione materialistica e quindi come salto, utopia o, peggio, retorica umanistica. L’inapplicabilità al “frammento” della dialettica necessità-libertà così come si configura nel III libro del ‘Capitale’, risulta anzitutto dal diverso contesto di discorso che relativamente alla tematica del comunismo le due versioni forniscono. E’ stato detto che nei ‘Grundrisse’ Marx tiene ferma un’idea di autorealizzazione dell’individuo, di universalità di stampo quasi goethiano, che nel ‘Capitale’ vien meno (cfr A. Heller, op. cit., p. 119). Non si tratta semplicemente di un’eredità utopistica della ‘Ideologia Tedesca’ (l’uomo cacciatore, pescatore, pastore, critico ecc.), che verrebbe superata nell’opera definitiva, ma di una diversa concezione del comunismo e del sistema dei bisogni ad esso corrispondente. L’idea di comunismo cui i ‘Grundrisse’ (e in parte la ‘Critica del programma di Gotha’) fanno riferimento, implica non solo la fine dello sfruttamento capitalistico, ma una trasformazione radicale del ‘modo’ dell’attività produttiva  e della stessa struttura dei bisogni. Cessa l’egemonia del lavoro fisico e astratto su quello mentale, e con essa la sussunzione dell’individuo sotto una forma sociale di divisione del lavoro. Cessa la distinzione tra lavoro necessario e pluslavoro (che non ha più senso per l’individuo), e un lavoro sempre più ricco e complesso (‘travail attractif’) diventa un ‘bisogno vitale’ per l’individuo e per la società: “il risparmio di tempo di lavoro equivale all’aumento di tempo libero, ossia del tempo dedicato allo sviluppo pieno dell’individuo, sviluppo che a sua volta reagisce, come massima produttività, sulla produttività del lavoro (…) il tempo libero – che è sia un tempo di ozio che tempo per attività superiori – ha trasformato naturalmente il suo possessore in un ‘soggetto diverso’, ed è in questa veste di soggetto diverso che egli entra poi anche nel processo di produzione immediato. Il quale è, insieme, disciplina, se considerato in relazione all’uomo che diviene, ed esercizio, scienza sperimentale, scienza materialmente creativa e oggettivantesi, se considerato in relazione all”uomo divenuto’, nel cui cervello esiste il sapere accumulato della società” (K. Marx, Lineamenti, II, p. 410). Ben diversa è la prospettiva che emerge dal secondo e terzo libro del ‘Capitale’, dove è proprio la possibilità di distinguere (da parte della società dei produttori associati) tra il lavoro socialmente necessario e il pluslavoro, che fonda il passaggio comunista dalla necessità alla libertà. Questa prospettiva (apparentemente più realistica) si fonda sull’ipotesi di una riduzione di tutto il lavoro sociale a ‘lavoro semplice’, come tale misurabile ancora in unità di tempo, in qualche modo esclusa dal “frammento”. In questa seconda ipotesi, il permanere di una sfera di necessità (il lavoro come ‘dovere sociale’ riconosciuto), accanto e come base del regno della libertà, risulta comprensibile” [Amedeo Vigorelli, ‘Politica e filosofia nei “Grundrisse” di Marx’] [(in) Pier Aldo Rovatti, Roberta Tomassini, Amedeo Vigorelli, Bisogni e teoria marxista, 1977]