“Il Proudhon, coerente al motto della sua opera “Destruam et aedificabo”, è un grande demolitore di teorie e di uomini, di dottrine e istituti; egli abbatte tutto e non si cura molto spesso, neppure di sgomberare il terreno dalle macerie da lui seminate. Senza troppo preoccuparsi della coerenza, egli attinge infatti liberamente a tutte quelle fonti del pensiero contemporaneo, a seconda che esse corrispondano più o meno bene ai suoi sentimenti ed alle necessità della sua argomentazione. Tuttavia tra tutti egli risente più apertamente l’influsso di due grandi capi scuola: il Rousseau nel campo sociale e lo Smith in quello più propriamente economico. Il Proudhon infatti che con questa sua opera rompe definitivamente i ponti con la scuola socialista classica, capeggiata dal Marx, che pure aveva da principio avuto dal Proudhon aiuto ed incoraggiamento si appoggia invece nettamente alle correnti liberiste, dalle quali auspica l’affrancamento dell’uomo dalla servitù e dalla disuguaglianza, per attuare anche sul piano economico quanto sul terreno politico era stato compiuto dalla Rivoluzione francese. Il Proudhon propugna infatti una rigorosa eguaglianza tra il valore ed il lavoro e quindi mira all’eliminazione di ogni forma del prezzo del denaro. Egli si lancia con veemenza contro il monopolio, contro l’imposta, contro tutte le forme di oppressione e di sfruttamento del lavoro. L’opera appare oggi, in parte, almeno, superata; molte delle argomentazioni da lui portate, e che sembrarono allora originalissime, come la confutazione della teoria della rendita di Ricardo, sono oggi patrimonio comune di tutti coloro che si occupano di studi economici. Tuttavia il libro ha una parte che è ancora viva ed attualissima, quella anzi che più si inquadra nel sottotitolo “Filosofia della miseria”, vale a dire la confutazione della teoria di Malthus che fa derivare la miseria da un esagerato accrescimento della popolazione nei riguardi delle sussistenze. In questo capitolo si condensa, per dichiarazione stessa dell’Autore, il significato ed il valore di tutto il libro” [Francesco Valori, premessa a ‘La filosofia della miseria’ di P.J. Proudhon, (1946)]
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- Articolo pubblicato:27 Maggio 2013