“Dostoevskij scriveva nei ‘Demoni’ che il popolo russo era il solo popolo “teoforo”, portatore di Dio; il solo popolo che “possedesse il vero Dio” e che il “secondo avvento” avrà luogo in Russia, e aggiungeva che “un popolo veramente grande non s’accontenterà mai di svolgere in seno all’umanità un ruolo secondario; egli deve avere il primissimo posto, un ruolo unico” (1). Sulla barricata opposta, l’anarchico Bakunin annunciava nel 1848 il giorno i cui “dall’oceano di sangue e del fuoco si leverà a Mosca su in alto, fino al cielo, la stessa della Rivoluzione che diventerà la guida dell’umanità” (2). Mezzo secolo dopo, la stella rossa sormonterà realmente la torre del Cremlino, e il messianismo marxista si innesterà, assimilandolo sempre più, sul messianismo russo. Marx aveva atteso con speranza, negli ultimi anni della sua vita, l’avvento di quel giorno. E’ vero che per molto tempo aveva nutrito il massimo disprezzo per la “Moscovia, formatasi e ingranditasi a quella scuola di abiezione che fu il terribile sistema schiavistico mongolo” (3); aveva rigorosamente denunciato le sue tendenze “all’aggressione universale” (4). Ma dopo aver scritto nel ‘Manifesto dei comunisti’ (1848) che “in Germania la rivoluzione borghese sarà l’inevitabile preludio immediato della rivoluzione proletaria” (5), dopo avere atteso che “il canto del gallo francese” (6) desse il segnale della Rivoluzione universale, dopo aver nutrito qualche illusione sulla classe operaia inglese, si era consolato delle sue delusioni puntando sulla Russia, dove i suoi scritti avevano suscitato un grande interesse: scriveva nel 1877 all’amico Sorge, insegnante di musica: “La Russia è da molto tempo sotto la minaccia di uno sconvolgimento; tutti i fattori sono maturi (…) tutti gli strati della società russa sono in piena decomposizione, sia dal punto di vista economico, che da quello morale e intellettuale. La Rivoluzione questa volta comincerà in Oriente” (7)” [André Fontaine, Storia della guerra fredda. Dalla Rivoluzione d’ottobre alla guerra di Corea, 1968] [(1) Dostoevskij, I demoni; (2) Benoît Hepner, Bakounine et le panslavisme révolutionnaire, 1950, p. 270; (3) Michel Collinet, Du bolschevisme, 1957, p. 179; (4) Ibid. p. 180; (5) Karl Marx, Friedrich Engels, Carteggio, 1954, Vol V; (6) Jean-Yves Calvez, La pensée de Karl Marx, 1956, p. 33; (7) Marx, Engels, cit.]