“Gli “ultra-marxisti” ricordano che Sraffa impiega, ma non spiega, delle categorie fondamentali per l’analisi economica come il salario, il profitto, la concorrenza, i prezzi; in una parola, come Ricardo, assume e non spiega l’esistenza del capitalismo. Questa critica a Ricardo, e a tutta l’economia politica borghese, è la base e il punto di partenza delle ricerche di Marx sul modo di produzione capitalistico: “L’economia politica parte dal fatto della proprietà privata. Ma non ce la spiega. Coglie il processo ‘materiale’ della proprietà privata quale si rivela nella realtà, ma lo coglie in formule generali, astratte, che hanno per essa il valore di ‘leggi’. Essa non ‘comprende’ queste leggi, cioè non riflette in qual modo esse derivino dall’essenza della proprietà privata. L’economia politica non ci dà nessuna spiegazione sul fondamento della divisione di capitale e lavoro, di capitale e terra. Quando, per esempio, determina il rapporto del salario col profitto del capitale, l’interesse del capitalista vale per essa come la ragione suprema; cioè essa presuppone ciò che deve spiegare” (K. Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844). Questa critica di Marx ai limiti dell’economia borghese va sempre tenuta presente per giudicare la produzione scientifica di una scuola nel suo complesso, o per giudicare i vari tentativi, tra cui quello di Ricardo, di esporre i ‘Princìpi dell’Economia politica. Essa tuttavia non è più ripetibile nei confronti di chi, come Sraffa, scrivendo ‘dopo’ Marx, si è occupato di problemi particolari, per quanto fondamentali, utilizzando concetti (come salario, profitto, prezzi) che se non trovano una spiegazione esplicita all’interno della sua analisi, possono però essere definiti in modo non contradditorio in base all’analisi svolta da Marx” [Alessandro Roncaglia, Sraffa e la teoria dei prezzi, 1975]