“Alla fine di una lunga pausa occorsa tra il 1853 e il 1857 in cui non si occupò direttamente di teoria economica, Marx iniziò la redazione del primo grande manoscritto complessivo della teoria del “capitale”, i cosiddetti ‘Grundrisse’. Per la prima volta, fra il 1857 e il 1858, egli buttò giù quasi nella sua interezza la teoria del modo di produzione capitalistico. Scritta quest’opera, decise di esporre una prima parte dei risultati raggiunti nel testo dal titolo ‘Per la critica dell’economia politica’ (1859), della quale esiste un interessante manoscritto preparatorio conosciuto come ‘Urtext’. La pubblicazione, che conteneva l’esposizione di argomenti che sarebbero stati poi ripresi nei primi tre capitoli del ‘Capitale’, avrebbe dovuto essere seguita dal ‘Capitale in generale’. Nel 1861 Marx ne iniziò la redazione ma, giunto all’esposizione storica delle teorie sul plusvalore, cominciò una “digressione” di migliaia di pagine – le ‘Teorie sul plusvalore’ -, seguita da altre riflessioni solo di recente pubblicate. In questo grande manoscritto (1861-63) Marx redasse per la seconda volta l’intera teoria del modo di produzione capitalistico, arrivando alla fine a concepire il progetto poi definitivo dei tre libri in base al quale scrisse fra il 1863 e il 1865 ‘tutto’ per la terza volta (1). Nel 1867 uscì la prima edizione tedesca del ‘Capitale’ di cui l’autore si mostrò subito insoddisfatto, in modo particolare per la doppia esposizione delle forma di valore, una nel testo e una in appendice per i non-dialettici. Ebbe così inizio una nuova travagliata storia, quella interna al libro I, unico pezzo della teoria effettivamente pubblicato da Marx. Per la seconda edizione tedesca, poi uscita nel 1872, fu redatto un manoscritto dove si elaborarono varie migliorie; esso è di grande importanza ed è pubblicato per la prima volta nella MEGA² (sez II, vol. VI) con il titolo redazionale ‘Ergänzungen und Veränderungen zum ersten Band des “Kapitals” (Dezember 1871 – Januar 1872)’; servì separatamente da supporto per le correzioni apportate alla seconda edizione tedesca e all’edizione francese uscita a dispense fra il 1872 e il 1875. Poiché la traduzione francese di Roy, pur approvata da Marx, è stata ritenuta da moderni esegeti assolutamente inadeguata (2), emergono ulteriori difficoltà: Marx morì prima di dare alle stampe la terza edizione tedesca del 1883, che uscì a cura di Engels, il cui intervento fu parzialmente selettivo. L’ultima versione interamente marxiana è quindi una traduzione francese assai imperfetta. Lo stesso libro I dunque, per quanto sia stato pubblicato dallo stesso autore vivente in più versioni, non è “del tutto definitivo”” [Roberto Fineschi, Marx e Hegel. Contributi a una rilettura, 2006 (introduzione)] [“(1) Sulla scomparsa della categoria di “capitale in generale” nelle stesure successive si è molto discusso. Oltre al citato Vygodskij (1974) cfr. le importanti riflessioni di Müller (1978) e Schwarz (1978); cfr. anche Fineschi (2001a), pp. 187 ss.; (2) Sulla scarsa bontà della traduzione francese si riscontra ormai una certa convergenza fra vari studiosi. Cfr. i commenti senza appello di Hondt (1987, p. 50): “Questo libro è stato tradotto, vivo Marx, da Joseph Roy; questa traduzione è palesemente lacunosa, arbitraria, costantemente e profondamente sbagliata (…). Se si compara la traduzione di Joseph Roy e la seconda edizione tedesca del ‘Capitale’ (…) si vede che sarebbe grottesco prendere sul serio il ‘satisfecit’ di Marx”; oppure l’introduzione di Jean-Pierre Lefebvre (1993, pp. VII-LI) alla nuova traduzione francese del ‘Capitale’. Ritenuta contenutisticamente migliore per quanto riguarda la trattazione soprattutto dell’accumulazione, gli stessi Marx e Engels considerarono la francese un’ottima edizione ‘in traduzione’. E’ quanto è emerso dal dibattito fra i curatori delle varie edizioni del libro I del ‘Capitale’ nella MEGA nel corso degli anni Ottanta: cfr. in particolare Hecker, Hues, Kopf (1989). Per un singolo esempio di tale insufficienza, travasato nel compendio del ‘Capitale’ di Cafiero che era basato appunto sulla edizione francese, cfr. Fineschi, Hecker (2001), pp. 121 ss.”]