“I dati esistenti – scrisse nel 1879 Enrico Morselli – mostrano “questo fatto dolorosissimo, che il suicidio è andato e va tuttora aumentando dal principio del secolo in quasi tutti gli stati civili dell’Europa e del Nuovo mondo” (1). “Da un secolo a questa parte” – ripeté una ventina d’anni dopo Durkheim – si è prodotto un “enorme incremento delle morti volontarie” (2). Come vedremo, timori analoghi erano già stati espressi molte altre volte in passato, a partire almeno dal Cinquecento Diversa fu tuttavia la spiegazione che ne veniva fornita dagli studiosi ottocenteschi. Il numero annuo di suicidi – osservò nel 1846 Karl Marx – non è altro che “il sintomo della deficiente organizzazione della nostra società” (3). Uccidersi, “che un tempo era l’invidiabile privilegio delle classi superiori, è diventato di moda in Inghilterra anche tra i proletari, e molti poveri si uccidono per sfuggire alla miseria, dalla quale non sanno come salvarsi altrimenti” (4), aggiunse Friedrich Engels” [Marzio Barbagli, Congedarsi dal mondo. Il suicidio in Occidente e in Oriente, 2009] [(1) Morselli (1879, 51); (2) Durkheim (1897, trad. it. 1969, 437); (3) Plaut e Anderson, ‘Marx on Suicide’ (1999, 47); Engels (1845, trad. it. 1973, 152)]