“I contrasti in una società prerivoluzionaria espressi nel conflitto fra gruppi e classi, richiedono la creazione di un monopolio di forze, avente lo scopo di prevenire una guerra civile cronica. Tale monopolio di forze, fungente da elemento pacificatore di fronte ai contrasti, è lo Stato, che è al servizio delle classi dirigenti per la preservazione dell’ordine esistente, con tutti i vantaggi che comporta per tali classi. In altri termini, esso è il difensore dell’ordine mediante la forza; pertanto esso è il primo, immediato bersaglio della rivoluzione. “Lo stato è equivalente ad una attestazione che la società fornisce quando viene a trovarsi impastoiata in contrasti insolubili con se stessa, che hanno provato degli antagonismi inconciliabili dai quali è impotente a sbarazzarsi. E poiché questi antagonismi, queste classi con i loro opposti interessi economici non possono divorare se stessi e la società medesima nella propria sterile lotta, alcune forze resistenti apparentemente al di sopra di essa diventano necessarie per moderare la forza delle loro collisioni e mantenerle entro i limiti “dell’ordine”. E questa forza generata dalla società, ma postasi al di sopra di essa e da essa gradualmente separatasi, questa forza è lo stato” (Engels, L’origine della famiglia, dello stato e della proprietà privata). “Lo Stato altro non è se non una macchina per la oppressione di una classe su di un’altra, così in regime di repubblica democratica come di monarchia” (Engels, Introduzione a Marx). (…) Nel Marxismo, la possibilità di evitare la rivoluzione è stata sempre scartata, ma l’argomento ha costituito oggetto di alcuni commenti. Fu riconosciuto, da Marx e da Engels, che le democrazie liberali, come essi le chiamavano, avevano negli Stati Uniti ed in Inghilterra la possibilità di evolversi verso il Socialismo senza necessariamente sfociare in azioni violente. Comunque, il loro concetto d’inevitabilità della rivoluzione appare più chiaro negli attacchi da essi condotti a tutte le dottrine di riforme pacifiche” [Ernest S. Griffith, Strategia e tattica del comunismo, 1953]