“Senza teoria rivoluzionaria del tempo storico non vi può essere movimento rivoluzionario nel presente. La teoria rivoluzionaria che riguarda i tempi dei processi sociali e dei conseguenti movimenti politici è, in definitiva, una applicazione della fondamentale teoria dello sviluppo capitalistico elaborata da Marx e da Engels. Questa teoria ebbe uno dei suoi intensi momenti creativi dopo il fallimento delle rivoluzioni del 1848. Nell’agosto 1849 Marx si rifugia a Londra, dove passerà gran parte della sua vita. Nel 1850 rilancia la “Neue Rheinische Zeitung, Politisch-Oekonomische Revue”, della quale, con tiratura di 2500 copie, usciranno pochi numeri prima di cessare per mancanza di mezzi finanziari. Con la “Revue” pensa di utilizzare il tempo della tregua per approfondire i tempi della rivoluzione, ossia di fare un bilancio del 1848-1849, per tracciare la prospettiva del futuro. Marx si propone di “…fornire una trattazione scientifica completa dei rapporti economici che costituiscono la base del movimento politico complessivo”. E’ quello che lui ed Engels faranno nel primo anno londinese. Nell’ultimo numero della “Revue”, in ottobre, le conclusioni sono tratte: “Data questa prosperità universale, in cui le forze produttive delle società borghese si sviluppano con quella sovrabbondanza che è, in generale, possibile nelle condizioni borghesi, non si può parlare di una vera rivoluzione. Una rivoluzione siffatta è possibile solamente in periodi in cui entrambi questi fattori, le forze moderne di produzione e le forze borghesi di produzione, entrano in conflitto tra di loro. Le diverse beghe, a cui attualmente si abbandonano i rappresentanti delle singole frazioni del partito continentale dell’ordine e in cui si compromettono a vicenda, ben lungi dal fornire l’occasione di nuove rivoluzioni, sono al contrario possibili soltanto perché la base dei rapporti è momentaneamente così sicura e, ciò che la reazione ignora, così borghese. Contro di essa si spezzeranno tutti i tentativi reazionari di arrestare l’evoluzione borghese, come tutta l’indignazione morale e tutti i proclami ispirati dai democratici. Una nuova rivoluzione non è possibile se non in seguito a una nuova crisi. L’una però è altrettanto sicura quanto l’altra”. Nel 1895 Engels, pubblicando una nuova edizione di “Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850”, aggiunse, come quarto capitolo, parti dell’articolo dell’ultimo numero della “Revue”, affermando che costituivano “una reale conclusione al tutto”. Segno che, a quasi cinquanta anni di distanza, le riteneva sempre valide. Il bilancio steso nel 1850 non è, perciò, una semplice riflessione sulla rivoluzione del 1848 ma è, soprattutto, una teoria per la rivoluzione del futuro. La “trattazione scientifica completa dei rapporti economici”, che culminerà ne “Il Capitale”, analizzerà “la base del movimento politico complessivo”; analizzando il mercato mondiale viene impostata scientificamente la questione dei tempi del “movimento politico complessivo”. In tutti i sensi e per tutte le classi e non solo per il proletariato. Nel momento in cui Marx stabilisce la base oggettiva della rivoluzione nella crisi sottolinea l’impotenza dei reazionari e dei democratici di fronte alla evoluzione delle forze produttive. La lotta delle frazioni della classe dominante diventa, perciò, non una occasione di crisi ma una possibilità di evoluzione della borghesia. Nel secondo fascicolo della “Neue Rheinische Zeitung, Politisch-Oekonomische Revue”, del febbraio 1850, Marx ed Engels pubblicano, in forma anonima, una “Rassegna” di politica internazionale nella quale, oltre ad una infinità di significative valutazioni, troviamo alcuni passi di estrema importanza: “Mentre negli ultimi due anni il continente è stato in preda a rivoluzioni, controrivoluzioni e al fiume di eloquenza che inevitabilmente vi si accompagna, l’Inghilterra industriale si è dedicata a tutt’altro articolo: la prosperità”. La rivoluzione di febbraio ha allontanato “la concorrenza dell’industria continentale” e “ha aiutato gli inglesi a superare la crisi nel giro di un anno e in maniera del tutto tollerabile”” [Arrigo Cervetto, La difficile questione dei tempi, Edizioni Lotta Comunista, 1990]