“Bastano pochi passaggi algebrici (frase, citata da Marx, di Hegel su Keplero-Newton). Non esiste in nessun luogo e tempo la concorrenza pura, senza monopolio. Lo sviluppo è già in Engels, pre-1848 (la concorrenza genera il monopolio e il monopolio genera la concorrenza) e si potrebbero addurre diecine di passi di Marx. Se il capitalismo sviluppa al massimo il mercantilismo e dilata i mercati, grazie alla concorrenza, a limiti geografici prima ignoti, esso lo fa in quanto rompe preesistenti sfere di monopolio dovute al limitato giro delle merci. Se il capitalismo storicamente richiama la categoria ‘concorrenza’, la precedente proprietà signorile richiama la categoria ‘monopolio’. Da monopoli spesso sorse la prima accumulazione del capitale monetario, e i primi capitali dei re e degli Stati che dettero slancio alle grandi manifatture, alle grandi compagnie estrattive, di navigazione. Che le deduzioni di Marx si basassero tutte sulla descrizione di una società integralmente di concorrenza, è annosa buaggine. I capitalisti sostennero sempre che il loro sistema avrebbe girato a perfezione appena eliminati gli inconvenienti, che facevano risalire alla presenza di avanzi e scorie feudali, e Marx provò come anche ammessa questa ipotesi le tesi rivoluzionarie erano pienamente dimostrate: la prima era quella della ricaduta nel monopolio e nel totalitarismo economico. Inoltre Marx, nella teoria della rendita di natura borghese, dette tutte le equazioni che spiegano il moto del capitale monopolistico, e parassitario, che Lenin verificò per i periodi di espansione mercantile che preparano le guerre e le dittature imperiali. Quando Marx dice che la democrazia è una dittatura della borghesia, egli dice, in lingua economica, che la produzione capitalistica mercantile esprime un monopolio di classe della produzione e dei prodotti” [Amadeo Bordiga, Struttura economica e sociale della Russia d’oggi. Volume 1, 1966]