“Prima della Rivoluzione quasi tutti i socialisti e i comunisti cercavano una soluzione al problema di come stabilire un’equa retribuzione nella società futura. Risultava evidente l’impossibilità di sancire una paga uguale per tutti durante il periodo di transizione, e vi era un accordo generale sulla formula “paga equivalente al lavoro svolto”. Tuttavia il principio fondamentale del socialismo, “da ognuno secondo le sue capacità, a ognuno secondo il suo lavoro”, sembrava implicare una sostanziale ineguaglianza sia nei salari sia nel tenore di vita. Nella ‘Critica del programma di Gotha’ Marx scrive che l’uguaglianza nel socialismo significa in primo luogo che nella distribuzione dei compensi “questi verranno misurati con una misura uguale: il lavoro. Ma un uomo è mentalmente o fisicamente superiore a un altro e fornisce quindi nello stesso tempo più lavoro, oppure può lavorare per un tempo più lungo; e il lavoro, per servire come misura, dev’essere determinato secondo la durata o l’intensità, altrimenti cesserebbe di essere misura. Questo diritto ‘uguale’ è un diritto disuguale per lavoro disuguale. Esso non riconosce nessuna distinzione di classe, perché ognuno è soltanto operaio come tutti gli altri, ma riconosce tacitamente la ineguale attitudine individuale, e quindi capacità di rendimento…Inoltre un operaio è sposato, un altro no; uno ha più figli dell’altro ecc. Supposti uguali il rendimento e quindi la partecipazione al fondo di consumo sociale, uno riceve dunque più dell’altro, uno è più ricco dell’altro…”. Il problema non riguardava solo la durata e l’intensità del lavoro (la sua quantità) ma anche la sua ‘qualità’, cioè la sua complessità e le capacità che richiede. Come si possono dare paghe uguali per dei lavori che hanno la stessa durata e intensità ma che richiedono un diverso livello di competenza professionale? Come retribuire le funzioni esecutive e quelle direttive o lavori di diverso livello? Qualcuno più coerentemente egalitario tentò di dimostrare che i compensi in un sistema socialista dovrebbero essere stabiliti solo in base a criteri quantitativi, a prescindere dal livello di qualificazione. La società, avendo fornito l’istruzione, dovrebbe raccoglierne i frutti. “In una società organizzata sulla base di principi socialisti – scrive Engels – il costo [delle specializzazioni] è sostenuto dalla società, e perciò i frutti, cioè il maggior valore prodotto da un lavoro complicato, appartengono alla società. Il lavoratore non ha diritto a pretendere una paga più alta”. La Comune di Parigi stabilì, per gli impiegati e i funzionari civili, il principio della “riduzione degli stipendi assegnati a ‘tutti’ i funzionari dello Stato al livello di “‘salari’ da operai” [V.I. Lenin, PSS, XXXIII, pp. 42-44, trad. it, Opere, XXV, Stato e rivoluzione, pp. 396-398, N.d.c]. Ciò fu fatto allo scopo di combattere il carrierismo e di evitare che si formassero dei burocrati socialisti isolati dalle masse. Questi, dunque, sono i principi fondamentali stabiliti da Marx, Engels e Lenin per quel che riguarda i salari in un sistema socialista. Tuttavia, quando la Rivoluzione dimostrò di essere qualcosa di meno effimero della Comune di Parigi, quasi tutti questi principi fondamentali dovettero necessariamente essere rivisti, prima di essere applicati. Certo sarebbe stato ingiusto e sbagliato, quando si stabilirono i livelli retributivi, prescindere dalla qualificazione professionale o dalla difficoltà del lavoro svolto. Anche in un regime socialista l’istruzione acquisita dal singolo e le sue capacità erano solo parzialmente attribuibili alla società e dipendevano ancora in larga misura dall’ambizione e dalla determinazione degli sforzi individuali ed era perciò giusto offrire paghe più alte a titolo d’incentivo. Il primo ventaglio retributivo fissato dal governo sovietico stabiliva fra la retribuzione più alta e la più bassa un rapporto corrispondente a un coefficiente di 2.1. All’inizio del 1919 il coefficiente di apertura venne ulteriormente ristretto a 1.75. Questo coefficiente fu mantenuto fino all’inizio della Nep (autunno 1921); con l’approvazione del Cik e del Comitato centrale del partito il ‘Sovnarkom’ approvò una risoluzione in cui si affermava: “Quando si stabiliscono livelli retributivi di lavoratori dotati di diversa qualifica: funzionari, tecnici di medio livello, personale amministrativo dirigente, ogni criterio di uguaglianza deve essere abbandonato”. Il nuovo ventaglio retributivo comprendeva molte posizioni corrispondenti a diversi livelli di qualifica e divideva il personale in quattro gruppi: apprendisti,  operai con diversi livelli di qualifica, contabili e impiegati, personale tecnico e amministrativo. Il rapporto fra il più basso e il più alto livello (la diciassettesima categoria) era di 1:8. La questione degli stipendi per i dipendenti statali venne affrontata in modo diverso. Nei primi mesi dopo l’Ottobre lo stipendio minimo, di pura sussistenza, calcolato sulla base del livello dei prezzi e dei cambi, venne fissato a otto rubli al giorno; questa somma venne confermata dal decreto del 16 gennaio 1918. Più o meno nello stesso periodo Lenin stese un progetto di decreto ‘Sugli stipendi degli impiegati e dei funzionari di alto grado’, che venne subito approvato dal Consiglio dei commissari del popolo con emendamenti di scarso rilievo. Il testo diceva: “Ritenendo necessario prendere i provvedimenti più energici al fine di ridurre gli stipendi degli impiegati e dei funzionari di alto grado in tutte, senza eccezione, le istituzioni e le imprese statali, sociali e private, il Consiglio dei commissari del popolo decreta: 1. fissare lo stipendio massimo dei commissari del popolo a 500 rubli al mese per coloro che non hanno figli, con un supplemento di 100 rubli per ogni bambino; permettere appartamenti di non oltre una camera per ogni membro della famiglia; 2. chiedere a tutti i soviet locali dei deputati degli operai, dei soldati e dei contadini di preparare e attuare provvedimenti rivoluzionari per gravare di un’imposta particolare gli impiegati d’alto grado; 3. incaricare il ministero delle finanze di preparare un progetto di legge generale sulla riduzione degli stipendi; 4. incaricare il ministero delle finanze e tutti i commissari di studiare subito i preventivi dei ministeri e di ridurre tutti gli stipendi e le pensioni eccessivamente elevati”. Durante i primi mesi del potere sovietico lo stipendio di un commissario del Popolo (Lenin compreso) era solo il ‘doppio’ del salario minimo percepito da un cittadino comune” [Roy A. Medvedev, La democrazia socialista, 1977)