“Se già a cominciare dai ‘Manoscritti parigini’ (ove troviamo l’utilizzazione delle conoscenze geologiche a fini essenzialmente filosofici) il riferimento e lo studio attento dei naturalisti rimangono una nota costante di tutta l’attività scientifica di Marx e Engels (con propensioni finanche speculative nell’ultimo Engels), è anche vero che i fondatori del materialismo storico si servono spesso, come già avevano fatto gli illuministi e economisti come A. Smith, delle relazioni dei viaggiatori, pur non dimostrando soverchio entusiasmo per questo genere di letteratura geografica: “in generale – scriveva Marx in una lettera a Engels del 13/2/1866 – io non leggo mai, se non per obbligo professionale descrizioni di viaggi”. Con questa valutazione Marx si riferiva alla possibilità di reperire notizie sul Giappone nel quadro delle sue indagini sulla rendita fondiaria. Ma già nel 1853 Marx ed Engels avevano esaminato e apprezzato la letteratura geografica sull’Asia e si erano scambiati per lettera osservazioni di grande interesse e che sono alla base della ‘teoria del modo di produzione asiatico’. Osservazioni che possiamo ora introdurre come esempio di riformulazione marxista di una “tipizzazione” o “formazione storica” – il ‘dispotismo asiatico’ – che, avendo già trovato larga diffusione e interessanti sviluppi nel Settecento (oltre che negli illuministi francesi anche nella scuola storico-sociologica scozzese), aveva poi ricevuto una trattazione storica non superficiale nelle hegeliane ‘Lezioni di filosofia della storia’ (soprattutto in riferimento alla Cina), che Marx dimostra di superare solo a partire dal 1853, quando affronta il problema per l’urgere della questione politica dei possedimenti inglesi in India. Lo scambio epistolare di osservazioni sulla storia dell’Asia parte dalla lettura engelsiana di ‘The historical geography of Arabia’ di C. Forster, che offriva interessanti informazioni sulla storia religiosa e sociale di ebrei e arabi. Su di esse Marx ritorna, in una lettera a Engels del 2/6/1853, riprendendo appunti di letture che risalivano al ’51: “Per quanto riguarda gli ebrei e gli arabi, la tua lettera è stata molto interessante per me. Si può del resto dimostrare: 1) in tutte le popolazioni orientali, da quando esiste una storia, esiste una relazione generale tra il ‘settlement’ (insediamento stabile) di una parte di esse e la permanenza del nomadismo delle altre; 2) ai tempi di Maometto la via commerciale dall’Europa verso l’Asia era notevolmente cambiata, e le città dell’Arabia, che prendevano molta parte al commercio con le Indie ecc., si trovavano commercialmente in decadenza, il che in ogni caso contribuì a dare un impulso; 3) per quanto riguarda la religione, la questione si risolverà in quella generale e perciò più facile a risolversi: perché la storia dell’Oriente ‘appare’ come una storia delle religioni? Sulla formazione delle città orientali non c’è nulla di più brillante, di più chiaro e di più indovinato che il vecchio François Bernier (per nove anni medico di Aureng-zebe): ‘Voyages contenant la description du Grand Mogol’ ecc. (…). Bernier trova a ragione la forma fondamentale di tutti i fenomeni dell’Oriente – lui parla della Turchia, della Persia, dell’Indostan – nel fatto che non vi esisteva ‘nessuna proprietà priva del suolo’. Questa è la vera ‘clef’ anche del cielo orientale”. A sua volta, Engels (che nel frattempo si era messo a studiare il persiano) riprendendo la questione della chiave storica dell’Oriente nel punto in cui l’ha lasciata Marx, avanza un’ipotesi che si rifà nettamente al ‘determinismo geografico’ settecentesco: “L’assenza della proprietà fondiaria è la chiave per tutto l’Oriente. Qui risiede la storia politica e religiosa. Ma per quale motivo gli orientali non arrivano ad avere una proprietà fondiaria, neanche quella feudale? Io credo che la ragione risieda soprattutto nel clima, assieme con le condizioni del suolo, specialmente con le grandi zone desertiche, che si estendono dal Sahara, attraverso l’Arabia, la Persia, l’India e la Tartaria, fino ai più alti altipiani dell’Asia. L’irrigazione artificiale è qui la prima condizione dell’agricoltura e questa è cosa o dei comuni o delle province o del governo centrale. In Oriente il governo ha sempre avuto soltanto tre ministeri: finanze (saccheggio dell’interno), guerra (saccheggio dell’interno e dell’esterno) e ‘travaux publics’, cura della riproduzione. (…)”” [Massimo Quaini, Marxismo e geografia, 1974]