“La questione è: può la Germania giungere ad una prassi ‘à la hauteur des principes’, cioè ad una rivoluzione che la elevi non soltanto al livello ufficiale dei popoli moderni, ma all’altezza umana che sarà il prossimo avvenire di questi popoli? L’arma della critica non può, in verità, sostituire la critica delle armi; la potenza materiale dev’essere abbattuta da potenza materiale; però anche la teoria diventa potenza materiale non appena si impadronisce delle masse. La teoria è capace d’impradonirsi delle masse non appena si pone ad argomentare ‘ad hominem’, ed essa argomenta ‘ad hominem’ non appena diventa radicale. Essere radicale, vuol dire prendere le cose alla radice; ma la radice, per l’uomo, è l’uomo stesso. La prova evidente del radicalismo della teoria tedesca, e quindi della sua energia pratica, è il fatto che essa parte decisamente dalla soppressione positiva della religione. La critica della religione si conclude nella dottrina secondo cui per l’uomo l’essere supremo è l’uomo stesso, cioè finisce nell’imperativo categorico di rovesciare tutti i rapporti in cui l’uomo è un essere umiliato, assoggettato, abbandonato, spregevole, rapporti che non si possono raffigurare meglio che coll’esclamazione d’un Francese a proposito d’una tassa in progetto sui cani: – Poveri cani! Vogliono trattarvi come se foste uomini! (…). Ad una radicale rivoluzione tedesca sembra intanto che si opponga una primaria difficoltà. Le rivoluzioni hanno infatti bisogno di un elemento passivo, di una base materiale. La teoria si realizza in un popolo solo in quanto corrisponde alla realizzazione dei suoi bisogni. (…) Ma la Germania non ha salito i gradini medi dell’emancipazione politica contemporaneamente ai popoli moderni. Gli stessi gradini, superati in teoria, non li ha ancora raggiunti in pratica. Come potrebbe passare con un “salto mortale” non solo al di sopra dei propri limiti, ma anche al di sopra dei limiti dei popoli moderni, sopra i limiti che in realtà deve sentire e bramare come liberazione dai suoi propri veri limiti? Una rivoluzione radicale non può essere che la rivoluzione di bisogni radicali, e per questa sembra che manchino le premesse e il terreno favorevole. (…) La Germania, come deficienza, costituitasi in un modo proprio, del presente momento politico, non potrà abbattere i limiti specificatamente tedeschi, senza abbattere i limiti generali del momento politico presente. Non la rivoluzione radicale è un sogno utopistico per la Germania, non la generale emancipazione umana, bensì la rivoluzione parziale, la rivoluzione soltanto politica, la rivoluzione che lascia in piedi i pilastri della casa. (…)” [K. Marx, Critica della filosofia del diritto di Hegel, Introduzione (1844), in ‘Scritti politici giovanili’] [in ‘Il labirinto marxista. Antologia ragionata’ a cura di Domenico Settembrini, 1975]