“Marx e il processo dell’accumulazione capitalistica. L’originalità della sua analisi consiste soprattutto nel fatto di avere considerato le trasformazioni del sistema capitalistico ‘come un processo regolato da leggi specifiche di questo modo di produzione’; nel quale la trasformazione del “plusvalore” (creato dai lavoratori nel processo produttivo) in capitale è al tempo stesso la molla dello sviluppo e la fonte delle contraddizioni che sono espresse dalle forze in conflitto operanti nel sistema. A differenza di Marshall, che sostituiva all’incentivo del capitalista ad accumulare il suo desiderio di consumare di più in futuro con la temporanea rinuncia al consumo presente (teoria dell'”attesa”); o a differenza di Keynes, che poneva in termini psicologici la scelta tra investimento e tesoreggiamento, Marx aveva cercato di spiegare il comportamento del capitalista in base allo stesso “meccanismo sociale di cui egli non è che una delle ruote”. Nel ‘Capitale’ egli infatti scrisse a tale riguardo: “…lo sviluppo della produzione capitalistica rende necessario un aumento continuo del capitale impiegato in una impresa industriale, e la concorrenza impone a ogni capitalista individuale le leggi immanenti del modo di produzione capitalistico come ‘leggi coercitive’ esterne. Lo costringe ad espandere continuamente il suo capitale per mantenerlo, ed egli lo può espandere soltanto per mezzo dell’accumulazione progressiva (…). L’accumulazione è la conquista del mondo della ricchezza sociale. Essa estende, oltre la massa del materiale umano sfruttato, anche il ‘dominio’ diretto e indiretto del ‘capitalista’” (K. Marx, Il Capitale, Roma, 1956, Libro I tomo 3, p. 37). L’intendimento di Marx fu quello di indagare soprattutto, a differenza delle teorie dell’equilibrio statico o dinamico, “le leggi di movimento” del sistema capitalistico. Perciò il processo dell’accumulazione del capitale e delle contraddizioni che si generano nel suo svolgimento sono al centro dell’analisi della sua maggiore opera, ‘Il Capitale’. A differenza della stessa teoria classica, egli concepì i cambiamenti nei metodi produttivi e il perenne rivoluzionamento della tecnica come dipendenti da condizioni necessarie, vitali per la continuità della produzione capitalistica, non quindi connessi a scoperte e invenzioni occasionali.” [Vincenzo Vitello, Il pensiero economico moderno, 1973]