“Dunque più di una perplessità si era affacciata alla mente dei socialisti, per un loro impegno antiprotezionista. Un’altra ragione era che non si trattava di una questione schiettamente socialista, connessa cioè alla lotta di classe fra borghesia e proletariato. Anzi, veniva ripetuto che “la questione doganale rappresentava una lotta di classi, alla quale la classe proletaria rimaneva essenzialmente estranea” (La Critica Sociale, ‘Libero scambio e socialismo’, in “Critica sociale”, 1 aprile 1894, p. 100) . Affermazione che si accompagnava alla pubblicazione della traduzione italiana del discorso di Marx alla Società democratica di Bruxelles nel 1847, poco dopo l’abolizione del dazio sul grano in Inghilterra. Ai liberisti che chiedevano l’alleanza dei socialisti per l’abolizione di dazi, “La Critica Sociale” rispondeva che Marx giustificava i cartisti inglesi per non essersi fatti “pedissequi” dei “liberisti borghesi”, e, pur aderendo al loro movimento, negoziarono a caro prezzo l’alleanza, ottenendo la giornata lavorativa di dieci ore (che gli agrari fecero approvare per vendicarsi degli industriali) (Critica sociale, 1 aprile 1894, 16 aprile 1894). Infatti il libero-scambio di per sé non avvantaggiava tanto il proletariato, quanto la borghesia, “anche se essa era sí sospinta più rapidamente verso quel massimo sviluppo, oltre il quale ‘era’ il suo tracollo finale” (La Critica Sociale”, 16 aprile 1849, p. 121-23)” [Antonio Cardini, Stato liberale e protezionismo in Italia (1890-1900), 1981]
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- Articolo pubblicato:2 Novembre 2012