“Marx dice nell’indirizzo sulla Comune (1871): “La forza dello Stato accentrata, con tutti i suoi organi attuali – esercito stanziale, polizia, burocrazia, chiesa, tribunali, organi, prodotti da un piano di sistematica e ieratica divisione del lavoro – deriva a noi dai tempi della monarchia assoluta, quando essa serviva alla società borghese in formazione come un’arma potente per la sua lotta contro il feudalismo”. E di qui partono Marx e Lenin nella dimostrazione che ben presto tale apparato, tale “edificio dello Stato” si svela come la macchina dell’oppressione del Capitale contro i lavoratori. Insieme a tale macchina dello Stato delle monarchie assolute, la borghesia trovò per conseguenza accentrata già molta popolazione non rurale nelle capitali storiche. Ma non era che una concentrazione iniziale rispetto a quella che seguì alla trasformazione industriale, specie quando le grandi fabbriche si affollarono alla periferia delle città per evidenti ragioni di “basso costo dei prodotti”, per risparmio di trasporti da e per i mercati. Si iniziò l’era delle grandi costruzioni edilizie. Non potendo utilizzare per queste subito grandi spazi liberi, il nuovo regime ricorse al sistema di sventrare i quartieri vecchi delle città tradizionali per farvi sorgere nuove fabbriche e grandi strade. Non si può in breve spazio fare la storia di questa immane trasformazione; si tratta di mostrare che essa non raccoglie gli entusiasmi marxisti. Allorchè nella citata opera Marx difende in pagine vibranti i comunardi dalla accusa di avere cercato di bruciare Parigi piuttosto che riconsegnarla agli sgherri di Thiers e di Bismarck, egli fa un parallelo tra questa distruzione, che rivendica come legittimo mezzo bellico nella contesa civile quanto la dichiarano gli ortodossi per quella militare, e quelle operate sotto il piccolo Napoleone dal capitalista Haussmann: “Meno ancora fu giustificato (rispetto a quello dei cristiani contro i monumenti classici) il vandalismo di Haussmann, che spazzò la Parigi storica, per dar posto alla Parigi di chi va a spasso”.” [Amadeo Bordiga, Costruzione e rivoluzione, 1972]