“Il movimento socialista rivoluzionario nel 1848 pone il suo fondamento organico in un fatto sociale e disegna una parabola politica senza obiettivi costituzionali, configurando questi ultimi come espressione transeunte dell’ideologia liberal-borghese dello Stato. (Questa impostazione la troviamo già in Saint-Simon, ‘Vues sur la proprieté et la législation’, (Paris, 1832), p. 225: “La loi que constitue les pouvoirs et la ‘forme’ du gouvernement n’est pas aussi importante et n’a pas autant d’infliuence sur le bonheur des nations que celle qui constitue les propriétés et qui en règle l’exercise… la constitution de la propriété est le fond”. Diviene poi un ‘leit motiv’ tra i socialisti dopo il ’48: Marx riassume efficacemente questo punto di vista in tutte le sue motivazioni, in ‘Le lotte di classe in Francia…’ (p. 530): “Se in ogni palpito della vita sociale la borghesia vedeva un pericolo per la “calma”, come poteva voler conservare, alla testa della società, il regime della irrequietezza, il suo proprio regime, il regime parlamentare, questo regime che, secondo la espressione di uno dei suoi oratori, vive nella lotta e per la lotta? Il regime parlamentare vive della discussione: come può proibire la discussione? Il regime parlamentare rimette tutto alla decisione della maggioranza, come le grandi maggioranze non dovrebbero voler decidere al di fuori del parlamento? Se alla sommità dell’edificio dello Stato si suona il violino, come non aspettarsi che quelli che stanno in basso si mettano a ballare? Tacciando dunque di eresia “socialista” ciò che prima aveva esaltato come “liberale”, la borghesia confessa che il suo proprio interesse le impone di sottrarsi al pericolo dell’autogoverno; che per mantenere la calma del paese deve anzitutto esser ridotto alla calma il suo parlamento borghese”)” [Piero Craveri, Genesi di una costituzione. Libertà e socialismo nel dibattito costituzionale del 1848 in Francia, 1985]