“La crescente influenza della teoria austriaca del capitale alla fine del secolo scorso e all’inizio del nostro, concentrando l’attenzione sull’accumulazione di capitale che accresce la durata degli impianti e delle attrezzature, rafforzò ulteriormente la convinzione che l’accumulazione del capitale e il carattere sempre più “indiretto” della produzione procedessero di pari passo. Marx, viceversa, non solo è consapevole dell’esistenza di innovazioni che risparmiano capitale, ma sembra considerarle il risultato dell’azione di forze che operano automaticamente sul mercato. “Il modo di produzione capitalistico”, egli scrive, “induce all’economia nell’impiego del capitale costante”, il che tende ad “aumentare il saggio del profitto”. “Resta qui ancora una volta dimostrato”, egli conclude, “che la medesima causa che provoca la tendenza alla caduta del saggio del profitto agisce da contrappeso a questa tendenza” (Capitale, vol. III, tomo 1, pp. 122 e 291). Il quarto capitolo del terzo libro del ‘Capitale’, scritto da Engels all’inizio del decennio 1890-1900, contiene una serie di osservazioni sulla tendenza di alcune invenzioni ad abbreviare il tempo di produzione, riducendo così la quantità di beni in corso di lavorazione e innalzando per questa via il saggio del profitto. La tesi è ampiamente illustrata con esempi relativi all’industria inglese. Engels afferma che “gli ultimi cinquant’anni hano portato una rivoluzione” nel campo delle comunicazioni, in seguito alla quale “la capacità d’azione del capitale” impiegato nel commercio mondiale” si è più che raddoppiata o triplicata”. (…)” [Mark Blaug ‘Progresso tecnico ed economia marxiana] [in David Horowitz  a cura, Marx, Keynes e i neomarxisti, 1971] (pag 261-262))