“”(…) delle due maggiori accuse che Tkachëv (Tkacev, ndr) aveva rivolto ad Engels nella sua ‘Lettera aperta’, la prima – rifiuto delle forme illegali di lotta – era basata in certa misura su una incomprensione, ma la seconda – sfiducia nella maturità della Russia per la rivoluzione socialista – rifletteva una effettiva differenza di posizioni. Contrariamente all’opinione di Bakunin, Engels non fu mai un apologeta del legalismo e non intendeva consigliare al movimento rivoluzionario russo di respingere i metodi cospirativi e quindi di liquidarsi. La differenza di opinioni sulla seconda questione derivava, invece, da un serio e fondamentale disaccordo teorico. Per Tkachëv la debolezza o, come diceva lui, l’inesistenza della borghesia russa era un argomento importante ‘a favore’ della realizzabilità di una rivoluzione socialista in Russia: significava che il capitalismo russo, essendo ancora debole e artificiale, poteva essere facilmente sradicato, e che il governo russo nella sua lotta contro i rivoluzionari mancava dell’appoggio di un’importante forza sociale che, nell’Europa occidentale, era divenuta la più potente antagonista del socialismo. Engels pensava che fosse vero il contrario. La condizione necessaria per il socialismo è l’alto livello dello sviluppo economico, che è un risultato della industrializzazione capitalistica. “La borghesia [scrisse Engels] è una condizione necessaria alla rivoluzione proletaria quanto lo è il proletariato stesso. Ne consegue che un uomo che afferma che questa rivoluzione può essere più facilmente portata a termine in un paese che, ‘anche se’ non ha proletariato, non ha ‘nemmeno’ una borghesia, prova solo di dover ancora imparare l’ABC del socialismo” (K.Marx F. Engels, Selected Works, Londra, 1950 vol II. pp 46-7)” [Andrzey Walichi, Marxisti e populisti: il dibattito sul capitalismo, 1973] (pag 127)