“Una decina di anni dopo la fondazione del gruppo “Emancipazione del lavoro” si costituirono quasi simultaneamente a Pietroburgo, Mosca, Niznij Novgorod, Odessa, ecc., le prime organizzazioni ‘socialdemocratiche’. Il termine di “socialdemocratico”, che sottolineava con forza il carattere ‘marxista’ del nuovo movimento, poiché ufficialmente tra tutti i partiti socialisti del mondo soltanto la socialdemocrazia tedesca aveva posto a fondamento del suo programma la teoria di Marx, non entrò subito nell’uso. In un primo periodo fu omesso di proposito per non “spaventare la massa inconsapevole”. Così profondamente era radicato il populismo tra i rivoluzionari ancora all’inizio degli anni novanta! (…) I primi socialdemocratici russi non sbagliarono nel dare scarso rilievo alle parole d’ordine marxiste. I primi operai marxisti si accostarono infatti alla propaganda delle nuove idee con metodi puramente populistici. “Secondo un marxista di Niznij Novgorod, – scriveva uno storico, che fu tra i promotori del movimento proletario nella Russia centrale, – non si può considerare socialdemocratico un operaio prima che abbia studiato tutto Marx. Egli disprezzava gli opuscoli, e tanto più i manifestini, in quanto li riteneva non soltanto inutili, ma addirittura dannosi; l’importanza era che gli operai leggessero ‘Il capitale’. A suo giudizio, lo sviluppo del movimento operaio doveva consistere nel progressivo incremento numerico degli operai che avevano studiato Marx: questi operai avrebbero impegnato nello studio sempre nuovi compagni; e col passare del tempo tutta la Russia si sarebbe coperta di circoli di studio, da cui sarebbe sorto infine il partito operaio.” Doveva essere ben vitale la teoria delle “persone criticamente pensanti”, se il nostro “marxista” dell’inizio degli anni novanta altro non era che un seguace di Lavrov! Oltre tutto, lo stesso Lavrov conosceva quasi a memoria il primo libro del ‘Capitale’.” [Michail N. Pokrovskij, Storia della Russia, 1970]