“Inoltre Marx chiarisce che la riproduzione che rende possibile l’accumulazione non è solo quella del capitale variabile – come crede Smith, – ma anche del capitale costante. La questione ossessionò quasi costantemente Marx almeno a partire dal marzo 1862, quando, mettendo a confronto la sua cornice teorica con quella di Smith, scopre che quest’ultimo, occupandosi della riproduzione, ha tralasciato il tema del valore d’uso e del capitale costante, il che, come vedremo, ha molte ripercussioni sull’aumento del pauperismo. E’ anche necessario distinguere tra capitale (pluscapitale) e reddito (denaro che ciascun individuo spende e consuma). Da ciò risulta che il capitalista, in modo ascetico, deve scegliere tra “spendere” il suo profitto o risparmiare accumulandolo – “teoria dell’astinenza”. Marx realizza qui un’interessante descrizione dell'”avarizia” moderna (capitalista). Infine, è evidente che la portata dell’accumulazione varierà a seconda del “grado di sfruttamento della forza-lavoro, della forza produttiva del lavoro, della differenza crescente fra capitale impiegato e capitale consumato e dell’entità del capitale anticipato” (Il Capitale). Marx si occupa, infine, del cosiddetto “fondo di lavoro”, ossia della massa dei mezzi di sussistenza di cui l’operaio ha bisogno per riprodurre la sua vita che egli compra con il denaro che il capitale variabile gli paga come salario. Questo fondo non è fisso, come pensava Bentham. Nel punto ‘c’, “La legge generale dell’accumulazione capitalista”, Marx manifesta l’intenzione pratica della sua opera, attraverso una riflessione etico-politica: “Accumulazione del capitale è quindi aumento del proletariato” (Il Capitale). Questa legge determina un’accumulazione di miseria (‘Accumulation von Elend’) proporzionata all’accumulazione del capitale”. E’ questo uno dei più lunghi paragrafi de ‘Il Capitale’, il che dimostra anche l’importanza politica che Marx gli assegnava – visto che, teoricamente, l’enunciato di partenza avrebbe potuto anche evitare i tanti esempi che invece l’autore voleva fornire al lettore. Si tratta, comunque, niente meno che della discussa tesi del pauperismo. L’accumulazione è aumento di capitale, ma fondamentalmente di capitale costante. Questo significa: diminuzione relativa di capitale variabile e diminuzione relativa anche del proletariato attivo: “All’aumentare del volume, della concentrazione e dell’efficacia tecnica dei mezzi di produzione, si riduce progressivamente il grado con cui essi sono mezzi di occupazione per gli operai” (Il Capitale). Ciò produce progressivamente una sovrappopolazione relativa – anche se potrebbe essere una diminuzione assoluta – o un “esercito industriale di riserva disponibile” (idem).” [Enrique Dussel, L’ultimo Marx, 2009]