“A Bruxelles (Weitling) venne accolto amichevolmente e ospitalmente, specie da Marx e da sua moglie Jenny, forse invitato dallo stesso Marx a recarsi in quella città; ma, scriverà Engels quaranta anni dopo, Weitling “non era più l’ingenuo garzone di sarto che, stupito dalle proprie capacità, cerca di rendersi  ragione dell’aspetto che potrebbe avere una società comunista. Egli era il grand’uomo perseguitato dagli invidiosi per la sua superiorità, che dappertutto vedeva rivali, nemici segreti e insidie; era il profeta cacciato di paese in paese, che aveva in tasca bell’e pronta la ricetta per l’avvento del Cielo in terra e si immaginava che ognuno volesse rubargliela” (F. Engels, Per la storia della Lega dei comunisti). Il sarto partecipò a qualche discussione preliminare con Marx e il gruppo dei suoi amici, ma solo il 30 marzo si giunse al contrasto aperto tra i due uomini: diveniva sempre più evidente “l’insufficienza della concezione del comunismo avuta sino allora, sia del semplice comunismo egualitario francese quanto di quello di Weitling”. La sera del 30 la questione su cui si doveva discutere era: “Qual è il modo migliore per fare propaganda in Germania?”. Presenti erano, oltre a Marx e ad Engels, e oltre al liberale russo Paul Annekow, Sebastian Seiler, Philippe Gigot, Josef Weydemeyer, Edgar von Westphalen, cognato di Marx, e Louis Heilberg. Un riassunto (in sei punti) degli argomenti trattati nella serata fu mandato da Weitling a Moses Hess in una sua lettera del giorno seguente (….)” [Gian Mario Bravo, Wilhelm Weitling e il comunismo tedesco prima del Quarantotto, 1963]