“Le guerre, nella storia, ci son sempre state, e Hegel deve giustificarle speculativamente; gli Stati, preborghesi e borghesi, son sempre esistiti, come hanno detto Marx, nella ‘Critica del programma di Gotha’ e Lenin in ‘Stato e rivoluzione’, come “sistemi di violenza”, il che, nel rapporto esterno, significa sistemi di guerra e Hegel deve render “razionale” questa loro “realtà”: ancora una volta, Hegel ha descritto ed espresso l’autocoscienza dello Stato borghese (il quale è esso a dare, più che gli Stati preborghesi, alla guerra le ragioni “ideali” o, in fondo, “speculative” che Hegel le riconosce) di essere, nel rapporto esterno, lo Stato della guerra: e coerentemente egli “riconosce”, ‘accetta’ e sanziona la “realtà” di questa autocoscienza che il mondo borghese ha di sé stesso. Che poi quest’autocoscienza sia giusta, e che la ‘descrizione’ di essa da parte di Hegel giunga fino ad ‘interpretare esattamente la natura’ dello Stato borghese, a cogliere le vere ragioni strutturali che son dietro l’autorappresentazione che il mondo borghese ha di se stesso, è certamente altra questione: i termini di questo problema sono, da un lato, ciò che attiene alle ‘ragioni’ (ideali o materiali) della vita dello Stato borghese, e dall’altro, ciò che riguarda il carattere eterno, “razionale” oppure transitorio, storico, modificabile di esso.” [Mario Rossi, Da Hegel a Marx. II. Il sistema hegeliano dello stato, 1976]