“La libertà è inconciliabile col privilegio, non solo politico ma economico. Pisacane condanna il diritto di proprietà, rivela i mali del sistema economico borghese, denuncia le amare disillusioni dei regimi usciti dalla rivoluzione francese, indica come conseguenza della bipartizione in due classi sociali “la miseria sempre crescente”. La parte più numerosa – riprende un’idea di Filangieri – è destinata a soccombere: il libero scambio favorisce l’accumulazione del capitale in poche mani. E sulla traccia di Sismondi e Fourier, ripete con Proudhon: la concorrenza sfocia nel monopolio che “schiaccia le industrie minori e sottomette definitivamente il proletariato”. Proprio qui, dove più vicino appare a Marx per l’intuizione di una legge di sviluppo del capitalismo, Pisacane se ne discosta. Cioè egli avverte solo le conseguenze negative del sistema, non si rendo conto della capacità che esso ha di far muovere in avanti la società. Pisacane intravede chiaramente la dottrina del plusvalore ma considera il regime capitalistico come un fattore statico, che chiude la società “definitivamente”: non valuta a sufficienza come all’interno del sistema possono sorgere contraddizioni così dilaceranti da preparare la dissoluzione come trapasso per l’avvento di una società nuova. (…)” [Carlo Vallauri, Carlo Pisacane, Marzorati, 1973]