“Il guardare ‘da presso’ al formarsi stesso della riflessione marxiana, al costituirsi delle conoscenza a partire dalle quali sono state formulate certe proposizioni, ed allo stadio delle conoscenze in quella determinata epoca, «sdrammatizza» il problema e induce l’osservatore non prevenuto a privilegiare pur sempre la concreta e specifica ricerca, il ‘dato’, quand’anche esso possa incrinare, se non travolgere, il cosiddetto ‘quadro teorico’: questo è stato, al tempo loro, il modo di lavorare di Marx e di Engels. L’esempio che darò è tratto da un libro pubblicato più volte da Engels durante la sua vita: ‘Der Ursprung der Familie, des privats Eigentums und des Staats’ (1884, 1892,4). Un libro in certo senso popolare, che si presenta come sistemazione dentro un discorso storico, e divulgazione, delle ricerche di Morgan. È forse il libro di Engels che più ampiamente si occupa delle società antiche (insieme con l’inedito sugli antichi Germani). Ovviamente non mi fermerò sulla smentita che la successiva ricerca ha inflitto alla concezione engelsiana di una nascita recente, con Clistene, dello Stato ateniese. Cercherò invece di illustrare un caso di dipendenza di Engels dalla scienza del suo tempo, e dalle implicazioni che tale dipendenza ha per la costruzione teorica. Giunto alla conclusione del quinto capitolo (‘Entstehung des athenischen Staats’), Engels descrive appunto la nascita dello Stato ateniese, genesi che – come scrive – «è un modello particolarmente tipico della formazione dello Stato in generale». Dalla società «gentilizia» lo Stato ateniese sorge «in una forma molto alta di sviluppo», quello della «repubblica democratica», nella quale «l’antagonismo di classe su cui poggiavano le istituzioni sociali e politiche, non era più quello fra nobili e popolo comune, ma fra schiavi e liberi, clienti («Schutzverwandten») e cittadini». E a sostegno di questa affermazione porta alcune cifre: «Al tempo del suo massimo fiorire, tutta la cittadinanza ateniese, donne e bambini compresi, era composta di circa 90.000 persone accanto alle quali vi erano 365.000 schiavi di ambo i sessi e 45.000 clienti – stranieri e liberti» (MEW, XXI, p. 116). Orbene questi «dati» si cercherebbero invano in una qualche fonte antica. Gli unici, ben noti, in certa misura vicini a questi sono quelli del famoso e discusso censimento di Demetrio Falereo (317-307 a.C.), citato da Ateneo (V, 272 c) – il quale rinvia ad uno Ctesicles: 21.000 liberi e 300.000 schiavi. In realtà le cifre fornite da Engels sono quelle che August Boeckh ricavava da Ateneo, mediante un (discutibile) calcolo, fondato sulla attribuzione di 4 e 1/2 figli ad ogni capofamiglia e sull’aggiunta di 65.000 tra donne e bambini ai 300.000 schiavi di Ctesicles (‘Die Staatshaushaltung der Athener’, 1.3, 1886, p. 49). Forse per il fatto che Boeckh presentava i suoi calcoli come «medie», Engels si sente autorizzato ad attribuire senz’altro quelle cifre al «tempo del massimo fiorire» di Atene. Naturalmente va apprezzato l’intuito con cui Engels ha saputo far capo ad uno dei migliori prodotti della scienza tedesca della grande stagione (1). Ma è altrettanto noto quanto siano discutibili – e quanto siano state discusse – sin dal Settecento quelle cifre. Colpisce perciò che i calcoli di Boeckh vengano presentati da Engels come dati di fatto. Il che tanto più mette conto rilevare, se si considera come sia essenziale all’intero disegno della evoluzione dello Stato ateniese da lui tracciato la constatazione di questo fondamentale «Klassengegensatz» tra liberi e schiavi. (Una formulazione – sia detto di passaggio – che testimonia la persistenza, in Engels, circa trent’anni dopo il ‘Manifesto’, del concetto, poi sempre operante nell’antichistica sovietica, di «contrasto di classe fondamentale»). Forse da questo ‘caso’ si può trarre una lezione. Engels – specie in campi per i quali non lo sorregge una informazione di prima mano – fa capo a studi influenti; naturalmente ‘sceglie’; e infatti tra sostenitori e detrattori delle cifre «alte» preferisce i primi; ma una volta operate queste scelte, la documentazione entra a far parte ‘in modo essenziale’ della costruzione teorica. Questa va dunque proprio per ciò ‘storicizzata’ attraverso l’analisi delle sue fonti” (pag 148-149) [dal contributo di Luciano Canfora al volume a cura di Enrico Flores ‘Marxismo, mondo antico e terzo mondo, inchiesta’, Liguori editori, Napoli, 1979]