“Ai filosofi Napoleone attribuisce una cultura dottrinaria astratta, incapace di risolvere i problemi della realtà; nella filosofia, come nella storia, egli vede discipline funzionali al rafforzamento dell’Impero. In effetti Napoleone esprime con quell’epiteto di «idéoloques» insofferenza verso l’opposizione di Destutt e sodali alla sue ambizioni e alle sue mire. Nasce così, grazie a Napoleone, il primo significato moderno, negativo della parola ideologia, come pensiero astratto, incapace di conoscere il reale, inetto ad agire sulla realtà: un pensiero che traduce un atteggiamento lontano e contrario a quello dei politici. E il termine nel suo nuovo significato «reca l’impronta della posizione e il punto di vista di coloro che lo coniarono, cioè degli uomini politici e d’azione» (74). Va tuttavia precisato che lungo l’Ottocento un’accezione neutra di «ideologia» persiste, sia in Francia che altrove, per esempio in Italia, con Galluppi, Rosmini e Cattaneo. Una segnalazione merita il filosofo e uomo politico Melchiorre Gioia (1767-1829), autore di un robusto trattato sull’ ‘Ideologia’, nel quale, sulla linea del sensismo, e, in generale, fedele alla lezione dell’Illuminismo, espone accanto ad una compiuta teoria della conoscenza, una teoria delle passioni (75). Con l’opera di Marx la teoria moderna dell’ideologia compie un salto qualitativo, pur partendo dall’accezione negativa impressa da Napoleone. Marx peraltro conosce gli ‘Eléments d’idéologie’ (Destutt, 1801, ndr), e guarda con attenzione alle dottrine economiche di Destutt, ma assume una posizione critica verso gli ‘idéologues’, accusandoli di aver sottratto alla storia i suoi elementi empirici e di averla ridotta ad una mera successione di prodotti «ideologici», appunto, generati dalla coscienza umana (76). Come è noto, Marx ed Engels usano il termine già nel titolo dell’opera rimasta inedita per quasi un secolo dedicata all’esame, fortemente polemico, del pensiero degli hegeliani di sinistra: nell’ ‘Ideologia tedesca’ – come nella ‘Sacra famiglia’, e in altri scritti giovanili – la filosofia hegeliana e degli hegeliani viene letta come un sistema di pensiero che distorce in chiave classista la realtà; invece di analizzare «gli uomini realmente operanti» descrive «l’immaginata azione dei soggetti immaginari». È chiaro che la concezione dell’ideologia è indissolubilmente connessa alla concezione della storia: il punto di vista è quello materialistico. (…) Secondo Marx l’uomo possiede una falsa coscienza di se stesso, che nella società borghese-capitalistica corrisponde alla mancanza di una coscienza di classe (dovuta al suo essere parte e vittima di sovrastrutture ideologiche distorte) il che fa sì che egli si rappresenti in modo distorto la realtà sociale. Evidente è il nesso con la teoria dell’alienazione, come estraneazione dell’uomo lavoratore dal sua lavoro, dal prodotto del suo lavoro e quindi da se stesso. Proprio le condizioni idi vita materiali dell’uomo alienato determinano l’estraneazioen delle idee dai fatti: ‘ergo, la falsa coscienza. Perciò preliminare a qualsiasi critica dell’ideologia (che Marx ed Egnels peraltro utilizzano largamente) risulta la critica dell’economia politica (…). A Marx naturalmente interessa studiare più la funzione falsificatrice dell’ideologia in generale, il suo ruolo nello specifico campo politico. Rispetto all’invettiva napoleonica (…) Marx aggiunge «la nota della strumentalità» (80). Peraltro si deve aggiungere che pur intendendo in modo siffatto, cioè negativo, l’ideologia – falsa coscienza, in sostanza – Marx ed Engels non negano che le ideologie contengano in sé elementi di validità. In generale si può dire che nel pensiero marx-engelsiano l’ideologia corrisponda ad un sistema di credenze e di valori che esprime, in termini complessivi, le esigenze di egemonia della classe dominante in una data formazione economico-sociale. In questo senso il termine si presta ad essere impiegato genericamente, come lo sarà anche nel campo marxista (si tenga conto che la gran parte degli scritti degli anni Quaranta di Marx ed Engels – quelli che definirono sostanzialmente la concezione dell’ideologia – saranno conosciuti a distanza di molto tempo dalla loro stesura): vale a dire come una visione del mondo, che in quanto «sovrastruttura» è dipendente, sia pure «in ultima analisi» (per rifarsi alla nota citazione engelsiana), dalla struttura, ma che esprime semplicemente un insieme di concezioni in qualche modo concatenate fra esse, un sistema di idee (81)” (pag 127-130) [Angelo D’Orsi, ‘Guida alla storia del pensiero politico’, La Nuova Italia editrice, Torino, 1995] [(74) K. Mannheim, ‘Ideologia e utopia’, Bologna, Il Mulino, 1965, p. 73 (…); (75) Cfr. ‘Ideologia’ esposta da Melchiorre Gioia, auture del trattato ‘Del merito e delle ricompense’, Milano, Pirotta, 1822-23, 2 tomi; (76) Marx cita Destutt sia nel libro del ‘Capitale’ (‘Das Kapital’, a cura di F. Engels, Hamburg, Meissner, 1885-94, trad. di R. Panzieri, Roma, Ed. Riun., 1970, II, pp.499-507); sia nelle ‘Teorie del plusvalore. Libro quarto del ‘Capitale”, 2 voll. (vol. I, trad. e prefazione di G. Giorgetti, 1961, vol. II, a cura di L. Perini, 1973), ivi, I, pp. 424-440; (80) C. Antoni, ‘Storicismo e antistoricismo, Napoli, Morano, 1964, p. 106; (81) Mi riferisco alle note lettere di Engels a J. Bloch (21 settembre 1890) e a F. Mehring (14 luglio 1893). Si dice nella prima: «Secondo la concezione materialistica della storia il fattore che in ultima istanza è determinante nella storia è la produzione e riproduzione della vita reale». E nella seconda: «L’ideologia è un processo che viene bensì compiuto dal cosiddetto pensatore con coscienza, ma con una falsa coscienza. Le vere forze motrici che lo muovono gli rimangono sconosciute, altrimenti non si tratterebbe di un processo ideologico. Egli s’immagina dunque delle forze motrici false o apparenti. (…) un fattore storico, non appena generato da altri fatti, in ultima analisi economici, reagisce pure a sua volta sull’ambiente che lo circonda e può esercitare esso stesso una reazione sulle proprie cause…» (da K. Marx, F. Engels, ‘Opere scelte’, a cura di L. Gruppi, Roma, Editori Riuniti, 1966; pp. 1242-44, la lettera a Bloch; pp. 1249-51 quella a Mehring]
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- Articolo pubblicato:17 Marzo 2025