“La tendenza all’impoverimento della classe operaia nel capitalismo è una legge oggettiva, cioè, secondo Marx, un rapporto necessario e interno che «naturalmente cambia in presenza di determinate condizioni». Marx indicò esplicitamente che la legge generale dell’accumulazione, come altre leggi, viene modificata in molteplici circostanze. La più importante controtendenza all’impoverimento della classe operaia è la lotta che questa conduce. A questo proposito è interessante una annotazione scritta da Engels nel 1891 al ‘Programma di Erfurt’ della socialdemocrazia tedesca: «Sempre maggiore diventa il numero e la miseria dei proletari! – ma non è giusto dirlo così in senso assoluto. Le organizzazioni degli operai, la loro resistenza continuamente crescente opporranno per quanto possibile un certo argine all’aumento della miseria. Ciò che sicuramente aumenta è la insicurezza dell’esistenza». Che la tendenza all’impoverimento vada di pari passo con la lotta crescente degli operai contro questa tendenza è stato affermato anche da Marx in uno dei punti più famosi del ‘Capitale’: «Con la diminuzione costante del numero dei magnati del capitale che usurpano e monopolizzano tutti i vantaggi di questo processo di trasformazione, cresce la massa della miseria, della pressione, dell’asservimento, della degenerazione, dello sfruttamento, ma cresce anche la ribellione della classe operaia che sempre più è numerosa ed è disciplinata, unita e organizzata dallo stesso meccanismo del processo di produzione capitalistico» (Marx, ‘Il Capitale’, I, 3, edizioni Rinascita, pag 223). La lotta di classe produce i suoi effetti anche contro i tentativi del capitale di prolungare il più possibile la giornata lavorativa. La legislazione sulla durata del lavoro è il risultato di una lunga lotta di classe, che i capitalisti tentano di eludere con l’intensificazione del processo lavorativo, con tutti i possibili sistemi di accelerazione del ritmo di lavoro e con i bassi salari, che portano all’abuso delle ore straordinarie. Dal fatto che la lotta di classe è la controtendenza decisiva all’impoverimento della classe operaia deriva anche la grande importanza dei sindacati alla cui lotta si deve sempre se gli operai conquistarono la possibilità «ottenere, almeno approssimativamente, il pieno valore della loro forza-lavoro» (Engels)” (pag 50) [Franz Marek, ‘La teoria dell’impoverimento relativo e assoluto’, Rinascita, Roma, n. 1, gennaio 1956]

“«La teoria dell’impoverimento è invecchiata» questa fu una delle frasi più usate dai revisionisti alla fine del secolo scorso. Essi popolarizzarono questo concetto, che non era mai stato usato dai classici del marxismo. Senza contestare esplicitamente l’impoverimento relativo, sostenevano che nell’orbita del capitalismo era possibile un miglioramento costantemente crescente del livello di vita e dei salari. Conclusione: il socialismo è superfluo, «l’obiettivo è nulla, il movimento è tutto» (Bernstein). Alla testa della lotta contro i bernsteiniani si era posto verso la fine del secolo Karl Kautsky, il quale, riallacciandosi all’annotazione di Engels circa l’aumento costante della insicurezza sociale, metteva in evidenza che la miseria va intesa non solo in quanto miseria fisica ma anche sociale, insicurezza, incertezza. Una rappresentazione delle argomentazioni di Kautsky la possiamo trovare in una recensione scritta da Lenin nel 1899: «Marx ha parlato di aumento della miseria, di degradazione e così via, indicando in pari tempo anche la tendenza che agisce in senso contrario a quelle forze sociali, che sole. possono dare origine a questa tendenza. Le parole di Marx sull’aumento della miseria trovano piena conferma nella realtà: in primo luogo, vediamo effettivamente che il capitalismo tende a creare ed aggravare la miseria, la quale assume dimensioni colossali là dove manca la tendenza opposta, cui abbiamo accennato sopra. In secondo luogo, la miseria cresce non nel senso fisico, ma nel senso sociale, ossia nel senso che è uno squilibrio tra il livello sempre più alto delle esigenze della borghesia e di tutta la società, da un lato, e il tenore di vita delle masse lavoratrici dall’altro». «… In terzo luogo, infine, le parole sull’aumento della miseria conservano tutta la loro validità per quanto riguarda le “zone di confine” del capitalismo, intendendo questo termine sia in senso geografico (paesi in cui il capitalismo comincia appena a penetrare, generando spesso non solo la miseria fisica, ma addirittura la vera e propria inedia tra le masse della popolazione) che in senso economico (l’industria artigiana e in generale i settori dell’economia nazionale in cui ancora si conservano modi di produzione arretrati)» (Lenin, Opere, vol. IV ediz. russa, pag 182, di prossima pubblicazione nella traduzione italiana a cura delle edizioni Rinascita). Nel ‘Progetto di un programma del nostro partito’ scritto appunto nel 1899 Lenin ritorna ancora una volta alla discussione sull’impoverimento e sottolinea la necessità di accettare assolutamente nel programma la tendenza riconosciuta da Marx all’impoverimento delle masse operaie. Lenin definì insostenibile la critica dei revisionisti di Marx, in quanto nel capitalismo esiste una tendenza all’impoverimento, richiamandosi ancora una volta alla crescente miseria fisica dei paesi arretrati e a condizioni come quelle della Russia, Un grande progresso nella discussione del movimento operaio sull’impoverimento si ebbe con l’articolo di Lenin, apparso il 30 novembre 1912 sulla ‘Pravda’, ‘L’impoverimento nella società capitalistica’. In esso Lenin, sulla base di statistiche ufficiali, dimostrò l’impoverimento assoluto e relativo degli operai nei paesi capitalistici. La prima guerra mondiale diede alla discussione sull’impoverimento una nuova direzione. Sorta dal seno del capitalismo, la guerra portò la morte e la miseria in gran parte della terra e dimostrò in modo clamoroso la tendenza capitalistica all’impoverimento, nel senso più vasto della parola. Nel manifesto di fondazione dell’Internazionale comunista si dice a ragione che con la guerra le contraddizioni del capitalismo hanno condotto a una inimmaginabile miseria di massa. «In questo modo la battaglia accademica in seno al movimento socialista sulla teoria dell’impoverimento è decisa, definitivamente. Oggi abbiamo di fronte a noi l’impoverimento, non soltanto sociale, ma anche fisiologico, biologico, in tutta la sua spaventosa realtà»” (pag 51) [Franz Marek, La teoria dell’impoverimento relativo e assoluto, Rinascita, n. 1, gennaio 1956]