“Le rivoluzioni non si fanno senza idee, ma non sono gli intellettuali coloro che fanno le rivoluzioni. Così, se è necessario il vapore per muovere una locomotiva, è certo che né la locomotiva né le rotaie sono fatte di vapore. Ebbene, in questo libro la mia intenzione è di occuparmi solo del «vapore». È ben vero che se ci si accosta alla storia delle idee da un punto di vista sociologico si corrono dei rischi. Lo stesso Marx non sbagliò certo quando disse che le idee degli uomini non erano che un pallido riflesso dei loro bisogni economici e che, quindi, non si poteva farne una storia indipendentemente da quella di tali bisogni. Ma taluni dei suoi discepoli, compresi molti che non vorrebbero essere chiamati marxisti, hanno assunto una posizione dettata da un determinismo economico assai più rigido di quello di Marx. Il mio parere è che qualsiasi sistema organico di idee che abbia inciso a fondo nella storia – per esempio le idee di Lutero o di Rousseau o dello stesso Marx – «fa presa» perché corrisponde ai bisogni di settori significativi presenti nella società in cui quel sistema è venuto ad emergere. Dire questo è dire esattamente l’opposto di quel che sono soliti affermare taluni, per i quali, una volta poste in relazione le idee di Lutero con la società de suo tempo, non vale più la pena di occuparsene. Vi è infatti, il pericolo che gli storici, catturati dalla metodologia di Namier, con eccessiva disinvoltura si persuadano che le idee, che in passato sconvolsero uomini e donne, possano essere squalificate come un prodotto dell’ipocrisia, o come tentativi di giustificazione razionale e, infine, come futilità irrilevanti” (pag 28, introduzione) [Christopher Hill, ‘Le origini intellettuali della rivoluzione inglese’, Il Mulino, Bologna, 1976]
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- Articolo pubblicato:17 Ottobre 2023