“Il compagno A. Bordiga nel suo articolo su «La natura del partito comunista», riporta tre passi; uno dal ‘Manifesto Comunista’; uno dalle Tesi del secondo congresso dell’Internazionale comunista; uno dallo Statuto del Partito comunista d’Italia ed osserva che i «punti della sinistra», laddove parlano della natura del partito comunista, dicono «nulla di diverso da questi testi ben conosciuti e fondamentali». Vediamo. Noi riconosciamo come pienamente giusto il quadro che del processo di maturazione rivoluzionaria del proletariato hanno fatto Marx ed Engels nel passo riportato da Bordiga. Osserviamo, però, che in detto passo non è fatta questione delle particolari forme organizzative in cui detto processo si sarebbe incanalato. Né, al tempo in cui il ‘Manifesto’ fu redatto, ciò poteva essere previsto. Per avere luce sulla questione dobbiamo seguire la storia del movimento rivoluzionario dall’epoca del ‘Manifesto dei Comunisti’ ad oggi. La luce ci viene dall’opera di Lenin e del leninismo. (…). Sulla questione del tipo di organizzione del partito cosa dice invece Bordiga? Bordiga dice: «Il tipo d’organizzazione di partito deve essere capace di porsi al di sopra delle particolari categorie e perciò raccogliere in sintesi gli elementi che provengono dai proletari delle diverse categorie, da contadini, dai disertori della classe borghese, ecc.» («punti della sinistra»). E di queste ultime categorie Marx ed Engels, nel passo citato del ‘Manifesto’, hanno detto: «I ceti midi, piccoli industriali, piccoli mercanti, agricoltori, artigiani, combattono tutti la borghesia per conservare la loro esistenza di medio ceto. Non sono dunque rivoluzionari, ma conservatori». «Di tutte le classi che stanno oggi contro la borghesia, il solo proletariato è la classe veramente rivoluzionaria». Come si vede, la posizione di Bordiga è ben diversa da quella di Lenin, Bordiga vuole che il «tipo d’organizzazione del partito» sia aperto a tutti coloro che sono portati a lottare contro la borghesia. Va bene che gli elementi che provengono dalle categorie non proletarie, dovrebbero avere superato la concezione ristretta e particolaristica propria della loro categoria. Ma è questo superamento che marxisticamente è impossibile. Qui non si tratta di casi particolari, qui si tratta di categorie, del «tipo di organizzazione di partito» che deve essere conformato in vista dell’orientamento di categorie non proletarie, allo scopo di poterne inquadrare gli elementi. Qui si tratta della composizione sociale del partito, cioè della sua natura di classe, della sua compattezza e capacità d’azione. E mentre il leninismo pensa che l’unione per la lotta con questi movimenti deve avvenire al di fuori del partito, Bordiga vorrebbe inquadrare tutti gli elementi «sinceramente» rivoluzionari nel partito, dimenticando che marxisticamente non si può fare questione di «sincerità» che poggiandosi sugli obiettivi interessi sociali per cui le varie categorie sono chiamate alla lotta, e Marx ed Engels ci hanno detto che «il solo proletariato è classe veramente rivoluzionaria» mentre le altre categorie sociali sono «sinceramente» conservatrici. Questa posizione di Bordiga sul «tipo di organizzazione del partito» spiega completamente la sua avversione alla tattica leninista dell’Internazionale” (pag 11-12) [Luigi Longo, ‘I “punti della sinistra” sono per l’unità classista del partito?” (L’Unità, organo del Partito Comunista d’Italia, 30 luglio, 1925) (in) ‘La nostra parte. Scritti scelti, 1921-1980’, Editori Riuniti, Roma, 1984, a cura di Renzo Martinelli]