“[L]a vera morte di Marx fu il giorno della morte di Engels. Questo è ciò che sentono istintivamente le masse e perciò doppiamente lo piangono. La scure del boscaiolo ora ha veramente atterrato la duplice liana, che al primo colpo era ferita, non morta. Il binomio è infranto: le radici sono sciorinate al sole. Ora la continuazione individuale, la sostituzione di uno stelo ad uno stelo non è più possibile: solo l’intera foresta può coprire e rinverdire il posto che questi due alberi spariti lasciano vacante. L’erede intellettuale di Marx e di Engels non sarà più un uomo, né due uomini, né una scuola, né un’accademia: sarà il proletariato tutto quanto; e il loro comune mausoleo sarà nella storia” [Filippo Turati: ‘Marx-Engels’, introduzione] (pag 6-7); “Marx voleva porre a base del suo trattato sulla rendita uno studio sui rapporti della proprietà territoriale in Russia, come nel primo volume del ‘Capitale’ aveva posto lo studio del lavoro salariato in Inghilterra. Engels impara il russo e aiuta l’amico nello spoglio di quelle ricchissime fonti. Già negli anni precedenti aveva approfondita la storia delle origini del cristianesimo e percorso tutta la più recente letteratura sull’argomento. Un abbozzo di questi studi fu pubblicato nella ‘Neue Zeit’. Pochi mesi prima di morire, si accorge di conoscere soltanto di seconda mano le geniali ricerche di Meynert sulla vita e la funzione della corteccia celebrale e non ha pace finché non ne ha studiato la principale opera. Tutto ciò, mentre doveva attendere, al tempo stesso, alla pubblicazione del terzo volume del ‘Capitale’. Soltanto chi poteva studiare così poteva essere un maestro come Engels. Il socialismo, come è inteso da Marx e da Engels, non è soltanto una dottrina economica, è una dottrina universale. Il movimento del proletariato rivoluzionario non è che un frammento della rivoluzione del pensiero che caratterizza il nostro secolo. Ma non è facile a chi vive nel tumulto della lotta quotidiana cogliere e tener presente tutta la vastità del quadro. Fu Engels che ci insegnò a connettere, a non perder di vista la complessità dell’evoluzione, a tener conto di ogni progresso in tutti i campi del sapere e a cavarne profitto. È a lui, all’uomo che poteva scrivere: «noi socialisti tedeschi siamo orgogliosi di questo, che non deriviamo soltanto da Saint-Simon, Fourier e Owen, ma eziando da Kant, da Fichte, da Hegel»; è a lui che noi andiamo debitori se il partito socialista può chiamarsi il partito della scienza” [Vittorio Adler, ‘L’universalità di Engels, scritto nel giorno del suo funerale’, introduzione] (pag 12-13); “Il 28 novembre 1890 Federico Engels compieva i suoi 70 anni. Questo anniversario non poteva coincidere con un anno più glorioso: l’inverno aveva portato il 20 febbraio, la primavera il 1° maggio e l’estate i vari Congressi, che furono così splendido documento della potenza e dell’unità del pensiero socialista e gli schiusero nuovi dominii. Se uno sguardo alle vittorie di questi ultimi dieci mesi bastava a riempire di gioia noi giovani, quale soddisfazione non dovette provarne questo nostro veterano, che da cinquant’anni prende parte alla lotta, che vide la democrazia socialista in culla e che fu uno dei creatori delle basi sulle quali essa si rinforzò e vinse le sue battaglie! Ma Engels non partecipò soltanto alle vittorie; nel suo lungo cammino di uomo di parte egli sofferse anche le sconfitte della causa per la quale pugnava: il tramonto del cartismo, il naufragio delle rivoluzioni del ’48 e del ’49, la disfatta della Comune di Parigi, lo sciogliersi della Internazionale, la legge contro i socialisti in Germania: sconfitte così disastrose che, ad ognuna di esse, non solo gli avversari del proletariato giubilarono nella speranza d’averlo annichilito per sempre, ma anche i suoi timidi amici sentirono smarrirsi il coraggio e disperarono. Engels era di quelli che non appendono mai la carabina alla parete, e sempre ebbe la soddisfazione di vedere risorgere, più forte e più grande dopo la disfatta, la causa che egli propugnava, simile al gigante Anteo, che trae nuove forze dall’abbracciare la terra. Gli inizi dell’attività scientifica e politica di Engels coincidono con gl’inizi di quelle teorie e di quelle aspirazioni, onde scaturì la democrazia socialista internazionale moderna; da quei giorni la storia di lui è indivisibilmente connessa con la storia di questa. Se Engels scrivesse le sue memorie, esse sarebbero le memorie del partito: da Marx fuori, nessuno influì quanto lui sul socialismo internazionale” [Karl Kautsky, ‘Federico Engels. Nel settantesimo anniversario (1). Engels e il partito socialista’ (introduzione)] (pag 17-18)] [(1) Questo scritto vide la luce in tedesco, fin dal 1890, nel fascicolo ottavo, annata IX, 1° vol. della ‘Neue Zeit’ (…)] [(in) Federico Engels, ‘L’economia politica. Primi lineamenti di una critica dell’economia politica’, Uffici della Critica Sociale, Milano, 1895, reprint Samonà e Savelli, Roma, 1981].