“Non esiste un’unica versione del modo di produzione capitalistico; esso si può esprimere anche lasciando in piedi strutture di potere che integrano e sostituiscono lo sfruttamento. Scrive Marx che in Germania «la sfera particolare alla quale, per la divisione dei poteri, toccò l’amministrazione dei pubblici interessi, ricevette un’indipendenza anormale che fu ancora accresciuta nella burocrazia moderna. Così lo Stato si costituì in potenza apparentemente indipendente e… ha conservato fino ad oggi questa posizione che in altri paesi è solo transitoria, uno stadio di transizione. Questa posizione spiega tanto l’onesta coscienza da funzionari che non si trova altrove, quanto tutte le illusioni correnti in Germania sullo Stato, quanto l’apparente indipendenza che qui i teorici hanno nei confronti dei borghesi, l’apparente contraddizione tra la forma in cui questi teorici esprimono gli interessi dei borghesi e questi stessi interessi» (59). Dunque ciò che Marx teme non è solo l’arretratezza della Germania, ma lo stabilizzarsi di questo stadio di transizione, il suo solidificarsi in un peculiare modo di produzione entro cui lo Stato rammodernato mantenga una posizione preminente e integrativa rispetto all’assenza di consapevolezza della materialità degli interessi borghesi da parte degli intellettuali. Questa situazione si rispecchia nella ‘Critica della Ragion pratica’ di Kant, il quale «si appagò della pura e semplice “buona volontà”, anche quando essa rimase senza alcun risultato, e pose l”attuazione’ di questa buona volontà, l’armonia fra essa e i bisogni e gli impulsi degli individui, nell”aldilà’» (60). Per quanto riguarda Hegel la sua polemica si rivolge contro l’unità negativa, cioè la subordinazione di uno dei lati dell’antitesi all’altro, affinché questo abbia modo di svilupparsi. Secondo Marx, invece, «l'”intesse generale” è creato dagli individui determinati in quanto “uomini privati”». I comunisti teorici «sanno che quest’antitesi è solo apparente, perché uno dei lati, quello così detto “generale”, è continuamente generato dall’altro, l’interesse privato, e non si oppone affatto ad esso come potenza autonoma, che dunque nella pratica quest’antitesi viene continuamente distrutta e generata. Non si tratta dunque di una “unità negativa” hegeliana di due lati di un’antitesi, ma della distruzione, materialmente condizionata, di un modo di esistenza degli individui, materialmente condizionato, unitamente al quale scompare quest’antitesi insieme con la sua unità» (61)” (pag 164) [Nicola Badaloni, Marx e l’etica della rivoluzione industriale, Critica marxista, Roma, n. 4, luglio-agosto 1982] [(59) Marx Engels, ‘L’ideologia tedesca’, cit, p. 189; (60) Ivi, pp. 187-188; (61) Ivi, p. 244]