“Prendiamo Lenin, o piuttosto prendiamo la fazione bolscevica del partito social-democratico russo. L’analisi bolscevica comprendeva due elementi fondamentali. Prima di tutto questi dicevano che la teorizzazione e la prassi dei partiti social-democratici europei non era affatto rivoluzionaria, ma era al massimo una variante del liberalismo. In secondo luogo dicevano che, qualunque fosse la giustificazione di tale “revisionismo” altrove, era comunque irrilevante per la realtà russa, poiché la Russia non era uno stato liberale, e quindi non c’era alcuna possibilità che i socialisti si votassero al socialismo. E si può affermare che questi due assunti, retrospettivamente, sono assolutamente corretti. I Bolscevichi trassero da questa analisi una conclusione cruciale: la Russia non sarebbe mai divenuta socialista (e implicitamente non lo sarebbe mai divenuto nessun altro) senza un processo insurrezionale che comprendesse il controllo dell’apparato statale. Perciò il “proletariato” russo (il soggetto storico autorizzato), che in realtà era ancora numericamente ridotto, avrebbe realizzato questo obiettivo organizzandosi in forma di partito-cellula, rigidamente strutturato, il quale a sua volta avrebbe dovuto pianificare e organizzare la “rivoluzione”. Il “piccolo” numero di proletari urbani nel settore industriale era più importante per la teorizzazione implicita che per quella esplicita di quanto Lenin e i suoi colleghi volessero ammettere. Perché quello che qui avevamo in effetti era una teoria di come essere partito socialista in un paese che non era né ricco, né altamente industrializzato e che, di conseguenza, non faceva parte del cuore dell’economia capitalistica mondiale. Coloro che avevano guidato la Rivoluzione di Ottobre ritenevano di essere stati a capo della prima rivoluzione proletaria della storia moderna. È più realistico sostenere che hanno guidato una delle prime, forse la più drammatica, delle sollevazioni di liberazione nazionale nella periferia, o semi periferia, del sistema mondiale. Due aspetti tuttavia resero questa particolare liberazione nazionale diversa dalle altre: 1. essa era guidata da un partito cellula che professava un’ideologia universalistica e che pertanto mirava a creare una struttura politica mondiale sotto il suo diretto controllo; 2. la rivoluzione avvenne proprio in un paese che si trovava al di fuori del cuore e che era il più forte fra di essi, a livello industriale e militare. Tutta la storia dell’intermezzo comunista del periodo 1917-1991 è scaturita da questi due fattori” (pag 17-17) [Immanuel Wallterstein, ‘Le scienze sociali e l’intermezzo comunista, ovvero interpretazioni della storia contemporanea. (Temi economici contemporanei)’, ‘Economia e Storia’, Pisa, n. 1, 1997] [Lenin-Bibliographical-Materials] [LBM]