‘L’influenza di Quesnay su Marx, come quella di Cantillon su Quesnay, è ben nota. In particolare è stata sottolineata la parentela che lega il tableau agli schemi di riproduzione del secondo libro del ‘Capitale’. La discendenza è confermata da una lettera famosa, in cui Marx propone ad Engels, per la prima volta, uno schema di riproduzione formulato, sulle orme di Quesnay, con numeri e linee. Questo ‘tableau éeconomique’, come lo chiama esplicitamente Marx, è stato finora relativamente trascurato: ad un quadro «molto complicato, con quattordici linee ascendenti e sette discendenti» (45) sono stati preferiti i più familiari schemi algebrici del ‘Capitale’. Esamineremo qui il quadro originario di Marx cercando di ricostruire, per quanto possibile, l’itinerario logico che ha condotto da una lettura (non convenzionale) di Quesnay alla proposta di riformulare il tableau. Marx lesse gli scritti di Quesnay nella riedizione di Eugène Daire del 1846: il tableau vi compare solo nella veste della «formula aritmetica». Un cenno di Marx a quest’ultima come «la forma più semplice del ‘tableau économique’» (46) ha indotto alcuni a ritenere che egli conoscesse anche i primi zig-zag; ma presumibilmente Marx si riferisce qui alla seconda versione della «formula aritmetica» che conosceva: quella, in parte corrotta, fornita da Theodor Schmalzl, tardo fisiocrate tedesco. Dall’agosto 1861 al luglio 1863 Marx si dedica (nel ‘British Museum’) a studi sistematici allo scopo di proseguire la sua ‘Critica dell’economia politica’, di cui una prima dispensa era uscita nel 1859. Il frutto di questi studi è un manoscritto composto da ventitré quaderni: nel penultimo si trovano due quadri del processo di riproduzione in tutto simili al tableau della lettera ad Engels (47). I primi segnali di interesse per Quesnay si trovano in una sua lettera, del 18 giugno 1862, sempre ad Engels: «A proposito! Se fosse possibile brevissimamente e senza toglierti troppo tempo, vorrei un paradigma (insieme con spiegazioni) della contabilità italiana [‘italienische Buchführung’]. Mi sarebbe utile per la delucidazione del ‘tabléau économique’ del Dr. Quesnary» (48). Italiana era anticamente chiamata la contabilità a partita doppia, dove per ogni operazione è prevista l’identificazione di una parte creditrice e di una debitrice (49): l’analogia col tableau sta nel fatto che qui ogni voce compare con un doppio carattere, di spesa o di reddito, a seconda della classe considerata (50). Ad un anno di distanza (6 luglio 1863) Marx è in grado di sottoporre a Engels un proprio ‘tableau économique’ «al posto di quello di Quesnay». Come egli sia giunto dai primi tentativi di «delucidare» il tableau alla decisione di formularne uno nuovo, non è detto. Anche la spiegazione «in some words» del tableau fisiocratico, rinviata ad una lettera successiva, se mai è stata scritta, non ci è giunta (come non ci è giunto il «paradigma della contabilità italiana» chiesto ad Engels). Ci possono però venire in aiuto altri scritti: il tableau, ad esempio, viene illustrato a più riprese e con ricchezza di particolari nelle ‘Teorie sul plusvalore’. Ai nostri fini è però più interessante la breve spiegazione premessa da Marx (un «precedente» storico) agli schemi di riproduzione del secondo libro del ‘Capitale'” (pag 52-54) [Giorgio Gilibert, ‘Quesnay. La costruzione della “macchina della prosperità”‘, Etas Libri, Milano, 1977] [(45) S. Tsuru (1970), p. 285; (46) K. Marx (1861), p. 568; (47) I due quadri sono pubblicati in appendice all’edizione italiana, curata da Raniero Panzieri, del secondo libro del ‘Capitale’. Cfr. K. Marx (1965); (48) K. Marx, F. Engels (1973), p. 279; (49) «La maggior parte degli autori concorda nel ritenere che gli italiani, in particolare quei di Venezia, Genova e Firenze, siano stati i primi ad introdurre il metodo della contabilità a doppia entrata, cioè con voci di carico e scarico; perciò quel metodo è da allora noto presso di noi come metodo italiano» M. Postlethwayt (1774), voce ‘Book-keeping’; (50) Scrive Quesnay in nota all”Analisi della formula aritmetica: «Ciascuna somma che la ‘classe produttiva’ e la ‘classe sterile’ ricevono implica un doppio valore, perché vi è una vendita e un acquisto e, per conseguenza, il valore di ciò che è venduto è il valore della somma impiegata nell’acquisto». F. Quesnay (1973), p. 100, AaVv, (1958), vol. II, p. 800]