“«Gli economisti come Ricardo – scriveva in proposito Marx – i quali considerano il modo di produzione capitalistico come una forma assoluta, constatano che siffatto modo di produzione crea a se medesimo un limite ed attribuiscono tale limite non al modo di produzione, ma alla natura stessa». In questi termini ancora molto approssimativi, e in parte erronei sta pertanto delineato il problema quando il Marx iniziava quello studio delle crisi che trovò le sue concretazioni più chiare nel «Manifesto del Partito Comunista» del 1848, nel 1° e 3° libro del «Capitale» (rispettivamente del 1867 e 1894) e nella «Teoria del plus-valore» uscita postuma nel 1920. Subito egli si pose al di sopra dell’orgogliosa intedeterminatezza degli altri, con l’affermare: 1. che le depressioni lamentate erano il frutto esclusivo di una particolare struttura economica della società: quella capitalistica; 2. che la causa delle crisi non era da ricercarsi in perturbazioni celesti o in ostacoli antiliberistici, ma all’interno dello stesso funzionalismo capitalistico. «È solo a partire dall’epoca in cui l’industria meccanica mise radici abbastanza profonde – scrive infatti Marx – in cui, mercè essa, il commercio forestiero cominciò a superare in importanza il commercio interno; in cui il mercato universale riuscì ad annettersi, le une dopo le altre, vaste terre del nuovo mondo, in Asia, nell’Australia, in cui infine le nazioni industriali rivali furono abbastanza numerose ‘è solo a partire da quell’epoca che datano i cicli sempre rinascenti, le successive fasi dei quali comprendono interi anni, e che portano sempre ad una crisi generale, fine di un ciclo è punto di partenza per un altro» (1). L’importanza e l’originalità del passo sopracitato non può sfuggire a nessuno; esso contiene «in nuce» tutta la teoria congiunturale marxista delle crisi. Determinata l’ambientazione storica del fenomeno, e fissatane le origini che volutamente o meno, gli «economisti borghesi» del tempo non avevano scoperto, la costruzione marxista poté infatti innalzarsi su una base di salda chiarezza, non prima raggiunta” (pag 23-24) [(1) ‘Il Capitale’ vol. 1, ed. cit., Sez. IV, Capo XV, pagg. 379-389] [Annibale Ardigò, ‘La teoria congiunturale delle crisi in Marx, I, II’, ‘Tempi Nuovi’, n. 4, novembre 1945]