“Già Marx pone l’accento sulle contraddizioni immanenti al «modo di produzione» capitalistico (come del resto a tutti i «modi di produzione» fondati su «basi antagonistiche», cioè sulla soggezione del lavoro vivo) per dedurne – la previsione di crisi sistemiche (Gramsci dirà «organiche») e il «necessario» superamento (la ‘Aufhebung’) della «formazione sociale» esistente lungo un processo di liberazione individuale e collettiva. Ora Engels – che come Marx vede nel socialismo l’instaurazione di un «regno della libertà» [AD 264; cfr. K, 828] – insiste sull’essenza emancipativa dell’intero sviluppo storico, in qualche modo riecheggiando la sintesi del processo di modernizzazione prospettata dal ‘Capitale’ (nonché la ricostruzione razionale del processo di civilizzazione consegnata al secondo ‘Discorso’ rousseauiano sull’origine e i fondamenti della disuguaglianza): “I primi uomini che si separarono dal regno animale – così nella prima sezione dell’ Anti-Dühring’ – erano per l’essenziale privi di libertà quanto gli stessi animali; ma ogni progresso nella civiltà fu un passo verso la libertà (AD 106). (…) Richiamarsi a Hegel aiuta a orientarsi anche dinanzi a un secondo problema relativo al complesso rapporto tra necessità e libertà. In una ben nota pagina dell”Anti-Dühring’ (ampiamente discussa anche da Lenin in ‘Materialismo ed empiriocriticismo’ (Cfr. ME 184-5) Engels evoca e fa sua la celebre (e problematica) tesi hegeliana (di schietto sapore spinoziano) della coincidenza tra libertà e necessità: «Hegel fu il primo a rappresentare correttamente il rapporto tra libertà e necessità. Per lui la libertà è l’intuizione della necessità. «’Cieca’ è la necessità soltanto ‘nella misura in cui non è compresa’». Non nel sognare l’indipendenza dalle leggi della natura consiste la libertà, bensì nella conoscenza di queste leggi e nella connessa possibilità di farle agire secondo un piano in funzione di un determinato fine» (AD 106; cfr. già SO217). La spiegazione è chiara e mira a sciogliere gli aspetti problematici della questione. A differenza di Schelling (che pure aveva posto il tema del rapporto tra necessità e libertà al fondamento della propria concezione della storia, salvo ridurre la libertà ad apparenza fenomenica e affidare la regia del processo a un «assoluto» trascendente la cui «mano ignota» assicura l’«eterna e immutabile identità» dei due poli (4)», per Hegel la libertà umana è reale e costituisce un ingrediente essenziale del processo. Essere liberi, tuttavia, non vuole dire pretendere (o illudersi) di affermare a ogni piè sospinto il proprio arbitrio, né tentare di imporre la propria volontà quali che siano le finalità perseguite. Significa, al contrario, interagire in modo efficace con la realtà conoscendone struttura, leggi e vincoli (Freud avrebbe definito «principio di realtà» il criterio-base di questa posizione), quindi in primo luogo decidere e operare «con cognizione di causa». Nell’illustrare la tesi hegeliana, Engels non fa nulla per attenuarne l’aspetto paradossale; che anzi radicalizza: «Tanto ‘più libero’ è dunque il giudizio di un uomo in relazione a una determinata questione – aggiunge – quanto maggiore è la ‘necessità’ che determina il suo contenuto: mentre l’incertezza basata sull’ignoranza, che sembra scegliere arbitrariamente tra molte alternative diverse e contrastanti, dimostra proprio in ciò la propria illibertà, il suo essere dominata proprio dall’oggetto che avrebbe dovuto dominare» (AD106)” (pag 172-174) [Alberto Burgio, ‘Il sogno di una cosa. Per Marx’, Derive Approdi, Roma, 2018] [(4) System des transszendentalen Idealismus’, cit, p. 601]