“Helmoltz considera (…) la materia, a parere di Engels, ‘prima e indipendentemente’ da quelle determinazioni qualitative che, secondo Aristotele e Leibniz, provengono dalla capacità formativa della forza. E come Leibniz rimprovera a Cartesio di sopravvalutare il prodotto ‘mh’, poiché lo riteneva troppo «estrinseco» e «statico», rispetto alla «dinamica interna» delle cose, per la stessa ragione Engels rimprovera a Helmoltz di avere ‘ridotto’ il concetto di lavoro al prodotto ‘quantitativo’ massa per spostamento (90). Le polemiche di Engels contro la scelta helmotziana a favore della linea di pensiero ‘meccanicista’ sembrano dunque completamente giustificate. Se esse risentono in molti punti della metafisica del teorizzatore dell’armonia prestabilita, non bisogna dimenticare che Engels si rivolge soprattutto a Leibniz «matematico» e «fisico» e, forse, in ‘interiore cordis’ antiteista (91). D’altronde, come abbiamo visto e come è stato messo in luce da altri (92), analoghe critiche venivano mosse ad Helmoltz da personalità che si rifacessero o no al monadismo erano «scienziati» nel senso pieno della parola. In realtà, c’erano altre buone ragioni perché Engels e in genere il materialismo tedesco appoggiassero, senza guardare troppo per il sottile, una certa metafisica aristotelica-leibniziana. Nonostante le ambiguità della dottrina monadistica e i suoi risvolti spiritualistici inevitabili, Leibniz si era sempre rifiutato di separare la forza dalla materia, dando alla prima entità un significato che sfuggisse alle leggi razionali e controllabili della meccanica. Il movimento del cosmo doveva essere provocato da forze che avevano un carattere fisico-chimico, senza la necessità di alcun intervento soprannaturale. Durante tutto l’ottocento, si fa invece sempre più evidente nel mondo scientifico la tendenza a difendere l’autosufficienza della forza, «libera» dalla materia e indipendente da essa, e, quindi, a sostenere il carattere integralmente spirituale del movimento cosmico e della «attività» che lo produce. Sebbene non sapessero che cosa costituisse la materia e questo indebolisse indubbiamente la loro posizione, era dunque inevitabile l’adesione al leibnizianesimo da parte di pensatori che, avendo accettato senza riserve la conservazione della forza, non potevano per ovvie ragioni considerarla a ‘prescindere’ dalla materia (93). In fondo, non è un caso che il più grande «allievo» di Engels abbia tratto dall’opera del suo più grande «precursore» parole di stima significative per l’unione attuata da Leibniz tra forza e materia, materia e movimento. Scrive Lenin, commentando un libro di Feuerbach sulla filosofia monadistica: «Attraverso la teologia, Leibniz si è accostato al principio della connessione inscindibile (e universale, assoluta) tra materia e movimento. La sostanza corporea non è quindi per Leibniz come per Descartes una massa soltanto estesa, morta, messa in moto dall’esterno, ma come sostanza ha in se stessa una forza attiva, un irrequieto principio di attività. Per questo, senza dubbio anche Marx stimava Leibniz a dispetto della sua tendenza alla conciliazione in politica e nella religione» (94)” (pag 178-179) [Paolo Bellinazzi, ‘Forza e materia nel pensiero di Engels’, Critica marxista, Roma, n. 2, marzo-aprile 1980] [(90) ‘Dialettica della natura’, p.112, 113; (91) B. Russel, La filosofia di Leibniz, cit., p. 12; (92) A. D’Elia, ‘E. Mach’, Firenze, 1971; (93) Cfr. E. Haeckel, op.cit., p. 24. M. Ostwald, ‘Die Uberwindung des wissenschaftlichen Materialismus’, 1875. Ma anche cfr. W. Wundt, ‘Grundrisse der Psychologie’, 1898, p. VII, W. Wundt, ‘Kleinere Schfriten, Leizpig, 1910, vol 1. p. 31; (94) V.I. Lenin, ‘Quaderni filosofici’, Roma, Editori Riuniti, 1971, p. 238. Cfr. L. Feuerbach, ‘Werke’, 1910, vol IV, p. 40. ‘Darstellung, Entwicklung und Kritik der leibnizschen Philosophie] [Lenin-Bibliographical-Materials] [LBM*]