“Dunque nella figura del capitalista vengono a congiungersi due ruoli: il ruolo di classe e il ruolo di direzione dei lavori. Questi due ruoli vengono a coincidere in una determinata fase storica dello sviluppo capitalistico, dove il possessore del denaro, il capitalista, diventa oltre che imprenditore, direttore dei lavori. Queste due figure poi si dissociano, e il massimo della dissociazione è nel capitale azionario moderno, dove la proprietà e la direzione manageriale o tecnica non coincidono più. Dunque alla parcellizzazione del lavoro, alla figura dell’operaio parziale, corrisponde la dissociazione e il distacco dal corpo collettivo degli operai, di tutti gli elementi di pianificazione del lavoro, che passano nelle mani del capitale. Le cognizioni, l’intelligenza e la volontà che il contadino indipendente e il maestro artigiano sviluppavano, vanno completamente perse nell’operaio parziale del modo di produzione capitalistico. Deve essere ben chiaro, a tale proposito, che in Marx non c’è nessuna nostalgia romantica né per l’artigiano né per il contadino indipendente. Bisogna stare molto attenti a come viene condotta la critica della parcellizzazione dell’operaio parziale. Se prendete le ‘Lettere sull’educazione estetica’ di Schiller, uno dei testi chiave della filosofia protoromantica, vedrete che questo tema sulla unilateralità o parzialità dell’uomo moderno rispetto all’uomo della città antica, l’uomo greco in particolare, è già al centro dell’analisi di Schiller. In realtà questa analisi può essere fatta in due direzioni: o rinnegando lo sviluppo delle società precapitalistiche – e allora avete il socialismo reazionario; oppure guardando in avanti” (pag 205-206) [Lucio Colletti, ‘Il paradosso del Capitale. Marx e il primo libro in tredici lezioni inedite’, Fondazione Liberal, Roma, 2011]