“L’insegnamento di Lenin del 1914, al quale gli internazionalisti riferiscono sempre la loro posizione, preconizzava la trasformazione della guerra mondiale in guerra civile e prevedeva l’unità del proletariato mondiale contro, in primo luogo, la borghesia del proprio paese. Il richiamo è dunque direttamente al dirigente russo il quale durante la prima guerra aveva gettato paradossalmente le fondamenta strategiche anche per il conflitto successivo se il primo non si fosse risolto con una rivoluzione. «E’ impossibile sapere – aveva infatti scritto Lenin nell’agosto del 1915 in un testo che era stato ristampato in opuscolo dal PCI nel 1931, ma sul quale i dirigenti comunisti avevano ben presto steso l’oblio – se un forte movimento rivoluzionario scoppierà in seguito alla prima o alla seconda guerra imperialista fra le grandi potenze, durante o dopo di essa, ma in ogni caso è nostro preciso dovere lavorare sistematicamente e con perseveranza proprio in questa direzione» (42). La fraternizzazione dei lavoratori al di sopra di tutte le frontiere che deriva da questa impostazione non è da considerarsi un avvenimento al di fuori di qualsiasi possibilità. I grandi scioperi degli operai italiani iniziati nel marzo 1943, e continuati per tutto il conflitto, hanno dimostrato sufficientemente quale carica contro la guerra fosse presente tra le masse della nostra penisola. Ma anche fra i proletari tedeschi era senz’altro possibile un’azione di fraternizzazione. Bisogna innanzitutto considerare che a causa delle necessità belliche del nazismo la percentuale di classe operaia sotto le armi era molto maggiore in Germania che in qualsiasi altro paese. Quindi vi sarebbe stata una maggiore possibilità di agire all’interno della Wehrmacht in funzione della fraternizzazione e del disfattismo. Invece la politica seguita dai partiti di sinistra propendeva, fondamentalmente, per la “caccia al tedesco”, senza distinguere la classe sociale a cui questo “tedesco” apparteneva. Le continue diserzioni dei militari tedeschi dopo l’8 settembre sono ormai note, e per comprendere con quale “entusiasmo” la classe operaia tedesca combatteva la guerra nazista basti pensare al fatto che dopo il 25 luglio 1943 «quando, pochi giorno dopo il colpo di stato, si sparse la notizia che Hitler si era ucciso, vi furono impressionanti manifestazioni di gioia da parte dei militari tedeschi che in diverse città fraternizzarono con i nostri soldati. Subito dopo cominciò l’afflusso in Italia di SS e di reparti speciali per ‘rafforzare il morale delle truppe’» (43)” [(42) Lenin, ‘Il socialismo e la guerra’, Bruxelles, Edizioni di Cultura sociale, 1932, reprint Savelli, 1971, p. 27. L’opuscolo di Lenin è stato scritto nel 1915; (43) Giaime Pintor, ‘Il colpo di stato del 25 luglio’, in ‘Il sangue d’Europa’, Torino, Einaudi, 1965, p. 165] (pag 165-166) [Arturo Peregalli, ‘L’altra resistenza. La dissidenza di sinistra in Italia 1943-45’, Milano, 1982] [Lenin-Bibliographical-Materials] [LBM*]