“Poi si faceva piazza pulita delle chiacchiere bigotte intorno ai principi sociali del cristianesimo (1), davanti ai quali il comunismo avrebbe dovuto sparire. «I principi sociali del cristianesimo hanno ormai avuto il tempo di svilupparsi per milleottocento anni, e non hanno bisogno di nessuno sviluppo ulteriore ad opera di consiglieri concistoriali prussiani. I principi sociali del cristianesimo hanno giustificato la schiavitù antica, magnificato la servitù della gleba medievale, e in caso di necessità sanno anche difendere l’oppressione del proletariato, sia pure con una smorfia di compassione. I principi sociali del cristianesimo predicano la necessità di una classe dominante e di una classe oppressa, e per quest’ultima non hanno altre che il pio desiderio che l’altra sia benefica. I principi sociali del cristianesimo pongono in cielo il concistoriale compenso per tutte le infamie, e giustificano così la prosecuzione di queste infamie sulla terra. I principi sociali del cristianesimo spiegano tutte le indegnità perpetrate dagli oppressori contro gli oppressi o come la giusta punizione per il peccato originale e per i peccati di ciascuno, o come prove a cui il Signore, secondo la sua sapienza, condanna gli eletti. I principi sociali del cristianesimo predicano la vigliaccheria, il disprezzo di se stessi, l’avvilimento, la sottomissione, l’umiltà, insomma tutte le caratteristiche della canaglia, e il proletariato, che non vuole lasciarsi trattare da canaglia ha bisogno del suo coraggio, del suo orgoglio, della sua consapevolezza e della sua indipendenza, ancor più che del suo pane. I principi sociali del cristianesimo sono ipocriti, e il proletariato è rivoluzionario». E proprio questo proletariato rivoluzionario Marx ed Engels portavano alla lotta contro ogni miraggio di riforma sociale da parte della monarchia” [Franz Mehring, Vita di Marx, Editori Riuniti, Roma, 1976] (pag 133) [(1) articolo di Marx ed Engels pubblicato sul giornale ‘Deutsche Brüsseler Zeitung’ contro un attacco del socialismo cristiano-feudale, portato sul giornale ‘Rheinischer Beobachter’ fondato dal governo a Colonia ndr]