“Marx inizia la prefazione a ‘Per la critica dell’economia politica’ con questo periodo: «Considero il sistema dell’economia borghese nell’ordine seguente: ‘capitale, proprietà fondiaria, lavoro salariato, Stato, commercio estero, mercato mondiale’». Quando scrisse il Primo libro di ‘Das Kapital’ aveva già abbandonato questa traccia e non vi è più tornato. Perciò non abbiamo nessuna sua esposizione sistematica degli ultimi tre argomenti, lo Stato, il commercio estero e il mercato mondiale. E’ un gran peccato perché, se avesse scritto specificamente e a lungo su questi argomenti, molto probabilmente avrebbe costruito una teoria del capitalismo come sistema internazionale e mondiale che sarebbe stata molto utile ai suoi seguaci quando il corso della storia li ha obbligati a porsi proprio in quella prospettiva. Così come stanno le cose, non possiamo fare altro che tentare di mostrare che egli aveva una sua posizione che, limitatamente ai punti che essa abbracciava, prefigurava i migliori studi contemporanei sull’argomento ed era pianamente compatibile con le loro conclusioni. Due parti del Libro primo sono di particolare importanza a questo riguardo: I. La parte del capitolo dedicato all’accumulazione originaria che è intitolata ‘Genesi del capitalista industriale’ (pp. 812 e segg.). 2. Un brano del capitolo sulle macchine e la grande industria (p. 496). Il primo tratta del primo effetto dell’emergere sul resto del mondo delle nazioni capitaliste, il secondo delle conseguenze dell’uso delle macchine e della grande industria sui rapporti tra paesi sviluppati e paesi sottosviluppati. 1) ‘Il primo effetto’. Sotto questo titolo non abbiamo bisogno d’altro che di citare molti brani dispersi nel capitolo in questione: «La scoperta delle terre aurifere ed argentifere in America, lo sterminio e la riduzione in schiavitù della popolazione aborigena, seppellita nelle miniere, l’incipiente conquista e il saccheggio delle Indie Orientali, la trasformazione dell’Africa in una riserva di caccia commerciale delle pelli nere, sono i segni che contraddistinguono l’aurora dell’era della produzione capitalistica» (p. 813). «Per impadronirsi di Malacca gli olandesi corruppero il governatore portoghese, che nel 1641 li lasciò entrare nella città; ed essi corsero subito da lui e l’assassinarono per “astenersi” dal pagamento della somma di 21.875 sterline, il prezzo del tradimento. Dove gli olandesi mettevano piede, seguivano la devastazione e lo spopolamento. Banjuwangi, provincia di Giava, contava nel 1750 più di ottantamila abitanti, nel 1811 ne aveva ormai soltanto ottomila. Ecco il ‘doux commerce!’» (p. 814). «Il trattamento degli indigeni era naturalmente più rabbioso che altrove nelle piantagioni destinate soltanto al commercio di esportazione come nelle Indie Occidentali, e nei paesi ricchi a densa popolazione, abbandonati alla rapina e all’assassinio, come il Messico e le Indie Orientali» (p. 815). «Il sistema coloniale fece maturare come in una serra il commercio e la navigazione… La colonia assicurava alle manifatture in boccio il mercato di sbocco di un’accumulazione potenziata dal monopolio del mercato. Il tesoro catturato fuori d’Europa direttamente con il saccheggio, l’asservimento, la rapina e l’assassinio rifluiva nella madre patria e quivi si trasformava in ‘capitale’» (p. 816). «Il ‘sistema protezionistico’ è stato un ‘espediente per fabbricare fabbricanti, per espropriare lavoratori indipendenti, per capitalizzare i mezzi nazionali di produzione e di sussistenza, per abbreviare con la forza il trapasso dal modo di produzione antico a quello moderno’. Gli Stati europei si sono contesi la patente di quest’invenzione e, una volta entrati al servizio dei facitori di plusvalore, non solo hanno a questo scopo imposto taglie al proprio popolo, indirettamente con i dazi protettivi, direttamente con premi sull’esportazione, ecc., ma nei paesi da essi dipendenti hanno estirpato con la forza ogni industria» (p. 819). «L’industria cotoniera, introducendo in Inghilterra la schiavitù dei bambini, dette allo stesso tempo l’impulso alla trasformazione dell’economia schiavistica negli Stati Uniti, prima più o meno patriarcale, in un sistema di sfruttamento commerciale. In genere, la schiavitù velata degli operai salariati in Europa aveva bisogno del piedistallo della schiavitù ‘sans phrase’ nel nuovo mondo» (p. 822). 2) ‘Macchine e grande industria’ (…)” (pag 7) [Leo Huberman, Paul M. Sweezy, ‘Note sul centenario di “Das Kapital”‘, (in ‘100 anni del Capitale di Marx’, Monthly Review edizione italiana, Bari, n. 1-2, 1968]