“Dal rifiuto del «massimo sforzo borghese» di estendere al proletariato l’istruzione, rappresentato dalle università popolari, alla esigenza costantemente riaffermata di portare strati sempre più vasti della classe operaia a livelli di effettiva maturazione intellettuale, si delinea il problema gramsciano dell’educazione delle masse. Ovviamente, il termine tradizionale di «educazione popolare» è assolutamente inidoneo non solo rispetto alla concezione gramsciana, ma al marxismo in generale in quanto esso presuppone chiaramente l’accettazione dello sfruttamento capitalistico e il mancato superamento delle sue contraddizioni. Tra l’altro, lo stesso Marx aveva chiaramente detto che l’educazione popolare era un elemento necessario della produzione, che in tal modo mirava a determinare una forza-lavoro docile. Scagliandosi contro coloro che sottovalutavano la diffusione della scienza e della cultura tra gli operai, aveva aggiunto che rivolgersi ad essi senza idee rigorosamente scientifiche era un «vuoto e vergognoso giocare al predicatore, in cui da una parte si ha bisogno di un profeta esaltato e dall’altra vengono condotti soltanto degli asini che ascoltano a bocca aperta». Ed Engels aveva chiarito che Marx, per la vittoria delle tesi enunciate nel ‘Manifesto’, faceva affidamento unicamente ed esclusivamente sullo sviluppo intellettuale della classe operaia” (pag 125-126) [Angelo Broccoli, ‘Antonio Gramsci e l’educazione come egemonia’, Firenze, 1974]
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- Articolo pubblicato:30 Gennaio 2018