“[Lenin] si era dedicato con attenzione anche a Hegel, che aveva influenzato la formazione dell’ideologia di Marx ed Engels. Sottopose a un’analisi dettagliata la vasta ‘Storia della filosofia’ di Hegel. E svolse ricerche anche su Feuerbach. E lungi dal fermarsi a questo, riesaminò anche le opere di Aristotele. Lui che fino ad allora si era limitato a citare proverbi e frasi che ricordava dalla gioventù, per la prima volta da quando era ragazzo ebbe l’occasione di trovare un senso nei classici studiati al liceo di Simbirsk. Ora, nel pieno della guerra mondiale, Lenin si impegnò a trarre dalla filosofia greca antica un alimento più sostanzioso. Gli studiosi marxisti avevano sempre saputo, in linea di principio, che Marx era stato influenzato da Hegel, il quale indicava apertamente Aristotele come suo precursore su molti punti fondamentali dell’epistemologia e dell’ontologia. A Lenin questo fu sufficiente per tornare alle fonti, esaminando l’opera di Aristotele. Dovette partire da zero, perché Aristotele non era un autore contemplato nel programma del liceo. Forse se avesse saputo di più sulle altre influenze intellettuali subite da Marx (il che non era possibile per nessuno nei primi anni del secolo) probabilmente si sarebbe concentrato sulle opere dei filosofi presocratici, su uno dei quali, Eraclito, il filosofo tedesco dopo la laurea aveva composto una brillante conversazione. Comunque in Aristotele Lenin trovò materia per molte interessanti riflessioni. Non fu un’impresa facile. La fitta prosa tedesca della ‘Storia della filosofia’ di Hegel richiedeva una certa fatica, ma la ‘Metafisica’ di Aristotele era anche più gravosa dato che Lenin aveva ormai dimenticato il greco, e si serviva di un’edizione tedesca con l’originale a fronte. Grazie alla sua preparazione era in grado di capire qualsiasi testo con molta rapidità. Sapeva parlare sia tedesco sia il francese (l’inglese assai meno bene), ma leggere gli riusciva assai più facile. Era abile come pochi altri nel prendere un libro e farne una lettura selettiva per acquisirne in fretta le informazioni. Lenin era tornato ai classici per cercarvi argomentazioni come teorico marxista. Più in generale, e in modo meno cosciente, voleva analizzare e consolidare le proprie basi intellettuali. (…) Insomma, che cosa scoprì in Aristotele? La lingua approssimativa dei taccuini di Lenin riflette il suo entusiasmo. In sostanza, eliminava ampie sezioni della epistemologia che aveva esposto nel suo libro del 1908, ‘Materialismo ed empiriocriticismo’. Non che lo dichiarasse esplicitamente quando criticava i testi marxisti del passato, le sue obiezioni riguardavano Kautsky e altri studiosi eminenti, non se stesso. In effetti la teoria della conoscenza da lui formulata era più rozza di quella degli altri teorici marxisti, e conteneva per esempio l’ipotesi, in ‘Materialismo ed empiriocriticismo’, che la mente umana fosse simile a una macchina fotografica, e che la «realtà esterna» fosse sempre accuratamente registrata e riprodotta da processi mentali analoghi a quelli della fotografia. Ma nei taccuini compilati durante la Prima guerra mondiale la sua posizione era cambiata (12): «La cognizione è il modo in cui l’uomo riflette la natura. Tuttavia non si tratta di un riflesso semplice e immediato, e completo, ma di un processo fatto di una serie di astrazioni, della formazione o costruzione di concezioni, leggi eccetera, e queste concezioni, leggi eccetera (pensiero, scienza = «l’idea logica») comprendono anche in modo condizionato, approssimato, il modello universale di una natura eternamente in movimento e in evoluzione». Questa affermazione sarebbe stata inimmaginabile in qualsiasi scritto di Lenin precedente il 1914” [Robert Service, ‘Lenin. L’uomo, il leader, il mito’, Milano, 2007] [(12) PSS Polnoe sobranie socinenij V.I. Lenina, 55 voll., Moskva, 1958-1965; (VOVIL Vospominanija o Vladimire Il’ce Lenine’, 8 voll, Moskva, 1989-1991] [Lenin-Bibliographical-Materials] [LBM*]