“Un altro movimento di ex-combattenti attira l’attenzione di Gramsci intorno al luglio del ’21, quello degli ‘Arditi del popolo’. Essi riescono a convogliare nella protesta contro il fascismo, che si proporrebbero di combattere militarmente, elementi di diversa origine (repubblicani, anarchici, comunisti, socialisti). Lo Spriano [‘Storia del partito comunista italiano’, Ed. Einaudi, 1975, vol. I] (…) attribuisce al settarismo della direzione di Bordiga [del PCd’I] il non aver colto la potenzialità rivoluzionaria degli ‘Arditi del Popolo’. Quanto a Gramsci, secondo lo Spriano, personalmente sarebbe stato più aperto nei loro confronti, anche se accettò, ma solo per disciplina di partito, l’ostracismo decretato dalla direzione del PCd’I e motivato dall’esigenza che i comitati di resistenza antifascista dovessero inquadrarsi solo in formazioni militari su base di partito. In realtà, storici di diversa impostazione hanno appurato che gli ‘Arditi’ avevano nelle loro squadre forse addirittura agenti provocatori e, certo, personaggi di dubbia e torbida provenienza. Può darsi che un forte e già ben organizzato Partito comunista avrebbe potuto assorbire quella parte degli ‘Arditi’ che ne avesse accettato la disciplina, ed in questo senso va intesa, ci sembra, la raccomandazione che l’Internazionale comunista, rivolgeva ai compagni italiani di non esasperare, per troppo ‘purismo e schematismo’ le proprie posizioni. Ma si stava avviando, da parte dell’Internazionale, una linea politica che andava ben oltre il problema degli ‘Arditi del popolo’. Si trattava della direttiva del ‘Fronte unico’, lanciata nel dicembre ’21. In una fase di riflusso delle lotte operaie e di relativa stabilizzazione del ciclo economico in Europa, il ‘Fronte unico’, nella concezione dell’Internazionale e di Lenin, significava una politica di temporanea unità di azione con quei partiti socialisti che, sotto la spinta delle masse operaie che organizzavano, si ponevano in qualche modo in contrapposizione con le frange più reazionarie della borghesia. Ciò facendo, e mantenendo sempre e comunque l’autonomia politica, organizzativa e operativa dei partiti comunisti, si potevano anche accentuare le contraddizioni interne dei partiti socialisti e attirare, almeno in parte, settori delle loro sfere d’influenza. La formula era chiara nell’impostazione di Lenin, ma Bordiga temeva che le correnti di destra del PCd’I (Tasca, Graziadei e altri) la intendessero come un ritorno all’indietro, ad una sorta di rinnovata fusione tra PCd’I e PSI e di subordinazione alle direttive politico-sindacali riformiste. Il ‘Fronte unico’ era sostenuto in particolare, in seno all’Internazionale, da Zinoviev, con cui Bordiga entrò in aspro contrasto. Bordiga accettava che, se mai, il frontismo si potesse costruire ‘dal basso’ sul terreno sindacale, ma rifiutava ogni accordo ‘dall’alto’ con i partiti socialisti. Al congresso di Roma del PCd’I (marzo ’22) le posizioni delle varie correnti rimanevano ancora piuttosto confuse e incerte. Gramsci si era pronunciato in modo contraddittorio, accettando il frontismo, ma nello stesso tempo respingendo una netta opposizione a Bordiga, che avrebbe potuto provocare la disgregazione del Partito in quel momento. Ma i suoi dissensi con Bordiga si erano già evidenziati anche sulla questione del rapporto tra borghesia e fascismo. Il dilemma era questo: la borghesia riprenderà la sua linea di difesa dei propri interessi, accordandosi con i socialdemocratici (tesi di Bordiga) oppure continuerà per il momento a servirsi del fascismo? Gramsci si stava convertendo a questa seconda ipotesi. E, su questo punto, non avrà torto. Questa posizione ed il suo ‘centrismo’ tra destra fusionista e sinistra bordighista favorì l’incarico che il partito gli affidò come delegato presso l’Internazionale in vista della successiva riunione dell’Esecutivo allargato: Il 26 maggio ’22 Gramsci partì dunque per Mosca, da dove tornerà solo nel dicembre ’23. Ed è proprio a Mosca che matura la svolta di Gramsci, svolta che sinteticamente potremmo definire di allineamento alle esigenze della gestione staliniana dell’Internazionale, che cominciava in quel periodo ad imporre i suoi diktat alle sezioni nazionali, compresa l’Italia” (pag 12-13) [Angela Stevani Colantoni, ‘Antonio Gramsci, tra idealismo crociano e materialismo marxista’, Centro Filippo Buonarroti, Milano, sd]
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- Articolo pubblicato:26 Gennaio 2018