“I chiacchieroni rivoluzionari da salotto e da Parlamento, quando si trovano faccia a faccia, nella vita, con la realtà della Rivoluzione, non la riconoscono mai. Il vero partito dei lavoratori non è una macchina per manovre parlamentari, ma è l’esperienza accumulata e organizzata dal proletariato. Solo con l’aiuto di un partito, che si appoggia su tutta la storia del suo passato, che prevede teoricamente il corso dello sviluppo e tutte le sue tappe, e ne conclude quale forma di azione sia nel momento dato la più necessaria, il proletariato può liberarsi dalla necessità di ripetere continuamente la sua storia, le sue oscillazioni, la sua indecisione ed i suoi errori. Il proletariato di Parigi non aveva un simile partito. I socialisti borghesi, di cui la Comune formicolava, levavano gli occhi al cielo e attendevano un miracolo o una parola profetica: esitavano e frattanto le masse erravano nel buio e perdevano la testa a causa dell’indecisione degli uni e delle fantasticherie degli altri. La conseguenza fu che in mezzo a queste la rivoluzione scoppiò troppo tardi: Parigi era accerchiata. Dovevano passare sei  mesi prima che il proletariato ridestasse nella propria memoria gli insegnamenti di passate rivoluzioni, di lotte già compiute, del costante tradimento della democrazia, e afferrasse il potere. Questi sei mesi rappresentarono una perdita irreparabile. Se nel settembre 1870 fosse stato alla testa del proletariato francese il partito centralizzato dell’azione rivoluzionaria, tutta la storia della Francia, e con essa l’intera storia dell’Umanità, avrebbe preso una direzione diversa. Se il 18 marzo il potere si trovò nelle mani del proletariato di Parigi, ciò avvenne in seguito non ad un’azione cosciente, ma alla ritirata dei suoi nemici da Parigi. Questi perdevano sempre più influenza: gli operai li disprezzavano e li odiavano, la piccola borghesia non aveva più fiducia in loro, e la grande borghesia temeva che non fossero più capaci di difenderla. I soldati guardavano con ostilità agli ufficiali. Il governo fuggì da Parigi per concentrare altrove le sue forze, e da quel momento il proletariato dominò la situazione. Ma se ne rese conto solo l’indomani. Esso fu colto di sorpresa dalla Rivoluzione. (…) Il partito non fa la rivoluzione a suo piacimento, non sceglie di suo arbitrio il momento di impadronirsi del potere, ma interviene in modo attivo negli avvenimenti, influisce in modo costante sullo stato d’animo delle masse rivoluzionarie, valuta la forza di resistenza dell’avversario, e può in tal modo stabilire il momento più adatto per un’azione decisiva. E’ questo il lato più difficile del suo compito. Il partito non ha decisioni valide per tutti i casi. Esso ha bisogno di una giusta base teorica, di uno stretto collegamento con le masse, di una comprensione della situazione, di una visione rivoluzionaria globale e di una grande decisione” (pag 467-471); (…) Il temperamento del proletariato francese è quello di una lava rivoluzionaria. Questa lava è attualmente sepolta sotto le ceneri dello scetticismo a causa dei ripetuti tradimenti e delle molte delusioni. I proletari rivoluzionari della Francia devono essere più severi nei riguardi del loro partito, e mettere in luce spietatamente le discrepanze fra le parole e gli atti. I lavoratori francesi hanno bisogno per agire di un’organizzazione temprata come acciaio, con dirigenti che possano essere controllati dalle masse a ogni nuova tappa del movimento rivoluzionario” (pag 477) [Leon Trotsky, ‘Gli insegnamenti della Comune di Parigi’ (4 febbraio 1921); in appendice] [(in) Karl Marx, ‘1871. La Comune di Parigi. La guerra civile in Francia, Savona – Napoli, 1971]