“Quando, ancora giovane, Labrola aveva scritto la monografia su Socrate, il metodo per ricostruire il pensiero socratico era già allora genetico, ma in quel tempo il giovane filosofo accentuava l’analisi dal punto di vista psicologico, trascurando l’elemento fondamentale che nella formazione della società e degli uomini acquista importanza rilevante: il lavoro e la proprietà, il loro diverso modo di rapportarsi nel corso della storia e quindi le diverse stratificazioni sociali e il rapporto tra esse, i diversi modi di manifestarsi del pensiero e della sua dipendenza da questo rapporto e dalla sua incidenza sul rapporto stesso. In altre parole Labriola non aveva ancora applicato nell’analisi il canone che egli andrà precisando in questo primo saggio «…ma ce n’è un’altra di analisi, ed essa sola ha valore per la intelligenza della storia, ed è quella che distingue e separa gli elementi soltanto per ravvisarvi la necessità obiettiva della concorrenza nel loro risultato» (36). Ed è proprio questo tipo di indagine che porta a considerare il socialismo come uno sbocco della storia, sbocco non del pensiero che si sovrappone alla storia e che possa comunque essere aggirato, ma sbocco che trova la sua giustificazione teorica, la sua consapevolezza, nel ‘Manifesto’, che essendo scritto in forma di enunciati, va, secondo Labriola, geneticamente reinterpretato per capire e giustificare quegli enunciati. L’enunciato generale della dialettica trasferito da Marx e da Engels nella spiegazione delle lotte di classe può esser capito solo a condizione che si rifaccia nella storia la genesi dei tipi di lotta di classe che hanno caratterizzato la storia nel passaggio da una ad un’altra forma di produzione, fino ad intendere il contrasto attuale: capitale e lavoro. E’ da osservare a questo proposito che Marx, ad esempio, nel suo scritto ‘Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850’, articoli pubblicati nella «Neue Rheinische Zeitung» del 1850, e che Labriola conosceva, già risolveva il metodo dialettico, cioè l’aspetto logico formale, nel suo contenuto, cioè nel metodo genetico. L’osservazione vale anche per l’analisi dei fatti politici quotidiani che Marx ed Engels andavano trattando sulla ‘Neue Rheinische Zeitung’, ma la vera e propria formulazione teorica del metodo genetico, già d’altronde largamente impiegata in psicologia dalla scuola herbartiana e in biologia dai darwinisti, spetta senza dubbio ad Antonio Labriola; e questo chiarimento apportato da Labriola non è di poco conto quando si pensi alle vere e proprie distorsioni cui il metodo dialettico ha dato origine tra i marxisti e i non marxisti. Negli scritti successivi di Labriola la precisazione e delineazione del metodo genetico si fa più interessante. Il metodo genetico deve spiegare come il materialismo storico si è prodotto (37) per superare il verbalismo, lo scolasticismo, le passioni, i pregiudizi di scuola, di setta, di classe, di religione che riducono la storia ad espressioni astratte come dirà nel suo secondo saggio, ‘Del materialismo storico. Dilucidazione preliminare’ del 1896. Il metodo genetico – pensa Labriola – deve come le scienze pervenire all’eliminazione del mito e del culto delle parole che per la scienza non hanno se non il valore di una mera convenzione. Va qui sottolineato di sfuggita come Labriola seguisse il rivolgimento che andava allora delineandosi, prima nel campo delle matematiche e poi in quello delle altre scienze, sul terreno dell’epistemologia sfociante appunto nel ‘convenzionalismo’. Ma va ancora sottolineato il fatto importante come in Labriola, per esigenze metodologiche e teoriche insieme, vada sempre più restringendosi la distinzione tra scienze naturali e scienze umanistiche” [Bruno Widmar, ‘Antonio Labriola’, Napoli, 1964] [(36) A. Labriola, ‘In memoria del Manifesto dei Comunisti’, Laterza, Bari, 1953, p. 19; (37) A. Labriola, ‘Del materialismo storico, dilucidazione preliminare’, Laterza, Bari, 1953, p. 132]