“Marx sulla “ripartizione nera” americana (1). Nel n. 12 del ‘Vperiod’ si è accennato all’articolo di Marx contro Kriege (2) a proposito della questione agraria. Questo articolo non fu scritto nel 1848, come per errore è detto nell’articolo del compagno X, ma nel 1846. Un collaboratore di Marx, Hermann Kriege, che a quel tempo era ancora molto giovane, si era trasferito nel 1845 in America e vi aveva fondato la rivista ‘Der Volkstribun’ (Il Tribuno del Popolo) per la propaganda comunista. Ma la sua propaganda era condotta in un modo tale che Marx fu costretto a protestare risolutamente in nome dei comunisti tedeschi contro Hermann Kriege, il quale comprometteva il partito comunista. La critica dell’orientamento di Kriege, pubblicata nel 1846 nella rivista ‘Westfälisches Dampfboot’ e riprodotta nel II volume delle ‘Opere’ di Marx (edizione Mehring), presenta per i socialdemocratici russi di oggi un grandissimo interesse. Sta di fatto che il corso stesso del movimento sociale americano poneva allora la questione agraria in primo piano, come oggi avviene in Russia, e per giunta non si trattava di una società capitalistica sviluppata, ma della creazione delle premesse primordiali, fondamentali per un effettivo sviluppo del capitalismo. Quest’ultima circostanza ha una particolare importanza quando si vuole stabilire un parallelo fra l’atteggiamento di Marx verso le idee americane sulla «ripartizione nera», e l’atteggiamento dei socialdemocratici russi verso il movimento contadino contemporaneo. Nella sua rivista, Kriege non dava materiali per uno studio delle concrete particolarità sociali della società americana o per mettere in luce la vera natura del movimento dei riformatori agrari di allora i quali tendevano alla soppressione della rendita. Kriege invece (proprio come i nostri «socialisti-rivoluzionari») rivestiva la questione della rivoluzione agraria con frasi enfatiche e piene di promesse lusingatrici. «Ogni povero – scriveva Kriege – si trasformerà in un membro utile della società non appena gli verrà data la possibilità di compiere un lavoro produttivo. Questa possibilità gli sarà assicurata per sempre non appena la società gli darà un pezzo di terra che gli permetta di nutrirsi e di nutrire la sua famiglia… Se questa immensa estensione di terra (i 1.400 milioni di acri delle terre statali dell’America del Nord) sarà sottratta alla circolazione commerciale e assicurata alle forze del lavoro in quantità limitata (3), il pauperismo americano riceverà il colpo di grazia…». Al che Marx obbietta: «C’era da sperare che si sarebbe capito che non è in potere dei legislatori arrestare con decreti la trasformazione del regime patriarcale, caro a Kriege, in un regime industriale o di rigettare gli Stati industriali e commerciali del litorale orientale verso la barbarie patriarcale». Ecco dunque davanti a noi un vero e proprio piano americano di ripartizione nera: la terra sottratta alla circolazione commerciale, il diritto alla terra, la limitazione del possesso o del godimento della terra. E Marx, fin dal primo momento, interviene con una critica serena dell’utopismo, rileva l’inevitabilità della trasformazione del regime patriarcale in regime industriale, cioè, per parlare il linguaggio dei nostri giorni, l’ineluttabilità dello sviluppo del capitalismo. Ma sarebbe un grande errore pensare che i sogni utopistici dei partecipanti al movimento abbiano indotto Marx a prendere un atteggiamento negativo verso il movimento stesso in generale. Niente di tutto questo. Già fin d’allora, ai primi inizi della sua attività letteraria, Marx sapeva discernere la reale essenza progressiva del movimento dagli orpelli vistosi della sua ideologia. Marx nella seconda parte della sua critica, intitolata: «L’economia (cioè l’economia politica) del ‘Tribuno del Popolo’ e il suo atteggiamento verso la giovane America» (4), scriveva: «Riconosciamo in pieno la legittimità storica del movimento dei nazional-riformisti americani. Sappiamo che questo movimento mira a ottenere un risultato il quale, in questo momento darebbe, è vero, impulso allo sviluppo dell’industrialismo nella moderna società borghese, ma che, essendo frutto di un movimento proletario, nell’attacco alla proprietà fondiaria in generale e in un attacco alla proprietà fondiaria nelle condizioni oggi esistenti in America in particolare, deve ineluttabilmente procedere oltre, in forza delle sue proprie conseguenze, verso il comunismo. Kriege, che assieme ai comunisti tedeschi a New York ha aderito al movimento contro la rendita [‘Anti-Rent-Bewegung’], adorna questo semplice fatto di frasi enfatiche senza curarsi di esaminare l’essenza del movimento. Egli dimostra così di non avere un’idea chiara del nesso esistente tra la giovane America e le condizioni sociali dell’America. (…)». La critica di Marx è tutta imperniata di bruciante sarcasmo. Egli sferza Kriege appunto per gli stessi tratti delle sue concezioni che noi osserviamo oggi nei «socialisti-rivoluzionari»: regno delle frasi, utopie piccolo-borghesi presentate come il più alto utopismo rivoluzionario, incomprensione delle basi reali del regime economico moderno e del suo sviluppo. Marx, che allora era soltanto un ‘futuro’ economista, indicava con mirabile perspicacia la funzione dello scambio, dell’economia mercantile. Se i contadini non scambieranno la terra, egli dice, essi scambieranno i prodotti della terra. E questo vuol dire tutto! Questo modo di porre la questione è applicabile in larghissima misura al movimento contadino russo e ai suoi ideologi «socialisti» piccolo-borghesi. Ma, nello stesso tempo, Marx è ben lontano dal «negare» semplicemente questo movimento piccolo-borghese, dall’ignorarlo come farebbe un dottrinario, dal temere, come molti aridi eruditi, di sporcarsi le mani venendo a contatto con la democrazia rivoluzionaria piccolo-borghese. Pur schernendo senza pietà l’assurdo travestimento ideologico del movimento, Marx, con la lucidità del materialista, si sforza di determinare l’essenza storica ‘reale’ e le conseguenze inevitabili che devono prodursi in forza delle condizioni obiettive, indipendentemente dalla volontà e dalla coscienza, dai sogni e dalle teorie di questa o quella persona. Perciò Marx non biasima, ma approva interamente l’appoggio che i comunisti danno a tale movimento. Marx si mette da un punto di vista dialettico, cioè considera il movimento in tutti i suoi aspetti, tenendo conto del passato e dell’avvenire, rileva il lato rivoluzionario dell’attentato alla proprietà fondiaria e riconosce nel movimento piccolo-borghese una forma primitiva originale del movimento proletario comunista. Ciò che voi sognate di ottenere con questo movimento, dice Marx rivolgendosi a Kriege, non l’otterrete: invece della fratellanza, avrete l’isolamento piccolo-borghese; invece dell’inalienabilità dei lotti contadini, avrete l’attrazione della terra nell’orbita della circolazione mercantile; invece di un colpo inferto ai rapaci speculatori, avrete una base più estesa per lo sviluppo capitalistico. Ma il flagello capitalistico che voi pensate invano di poter evitare, storicamente è un bene perché affretterà grandemente lo sviluppo sociale e avvicinerà di molto le nuove forme superiori del movimento comunista. Il colpo inferto alla proprietà fondiaria faciliterà gli inevitabili colpi ulteriori contro la proprietà in generale; l’intervento rivoluzionario di una classe inferiore e la trasformazione che assicurerà provvisoriamente, e tutt’altro che a tutti, un modesto benessere, faciliterà l’ulteriore inevitabile azione rivoluzionaria della classe che sta più in basso e una trasformazione la quale assicurerà effettivamente a tutti i lavoratori una felicità umana completa” [V.I. Lenin, ‘Marx sulla «ripartizione nera» americana, Vperiod, n. 15, aprile 1905] [(in) V.I. Lenin, ‘Teoria della questione agraria’, Roma; 1972] [(1) Lenin, riferendosi alla ripartizione nera (ugualitaria) delle terre sostenuta in Russia da una corrente dei populisti, usa questo stesso termine per la distribuzione delle terre incolte in America, n.d.t.; (2
) Lenin aveva ricordato questo articolo di Marx nella sua lettera sul programma agrario del POSDR al II Congresso del partito stesso, pubblicata nel ‘Vperiod’, n. 12, 29 (16) marzo 1905, n.d.t.; (3) Ricordatevi che cosa scriveva la ‘Revoliutsionnaia Rossia’, cominciando dal n. 8, sul passaggio delle terre dal capitale al lavoro, sull’importanza delle terre demaniali in Russia, sul godimento egualitario della terra, sull’idea borghese di immettere le terre nella circolazione commerciale, ecc. Proprio come Kriege!; (4) ‘Okonomie des Volkstribunen und seine Stellung zum jungen Amerika’, in Marx-Engels Gesamtausgabe, Erste Abteilung, Band 5, pp. 10-13, n.d.t] [Lenin-Bibliographical-Materials] [LBM*]