“Seguendo Kant, Marx vede nel mondo della stampa uno strumento per la libera comunicazione tra gli uomini; egli rifiuta di dissociare la libertà di pensiero da quella di stampa. Ma a differenza di Kant, Marx non ritiene che la libertà di pensare e di comunicare i suoi pensieri possa costituire tutta l’attività politica dell’uomo. Così riconosce alla stampa altre funzioni oltre a quella della comunicazione. Oggettivazione dello spirito di un popolo, la stampa è ciò che permette al popolo di riconoscersi. Con una formulazione di spirito ermeneutico, Marx afferma nel ‘Dibattito sulla libertà di stampa’ (maggio 1842): la stampa libera «è l’occhio dello spirito popolare aperto su tutto, la fiducia incarnata di un popolo in se stesso, il legame parlante che unisce il singolo con lo Stato e col mondo […]. E’ la franca confessione di un popolo dinanzi a sé stesso, e com’è noto, la forza della confessione è di redimere. E’ lo specchio spirituale nel quale ogni popolo si guarda, e contemplare se stessi è la prima condizione della saggezza» (15). “Specchio spirituale”, la stampa è costitutiva del luogo politico: essa apre l’accesso al luogo politico, allo spazio pubblico, in cui un popolo, grazie all’immagine speculare che rinvia a se stesso, si autocostituisce, acquista coscienza della sua identità, accede alla conoscenza di sé, condizione di libertà. Grazie alla stampa, il popolo pratica quotidianamente, in occasione dei molteplici conflitti, che sorgono nella società, il riconoscimento o meglio la conoscenza reciproca. Nel 1844, nelle ‘Note di lettura’, la metafora dello specchio si ripresenta, ma dal lato della produzione. Sotto il titolo ‘La produzione umana’, Marx scrive: «Supponiamo di produrre come esseri umani: ognuno di noi affermerebbe doppiamente nella sua produzione se stesso e l’altro. 1) Nella mia produzione si realizzerebbe la mia individualità, la mia particolarità (…). 2) Nel tuo godimento o nel tuo impiego del mio prodotto io avrei immediatamente il godimento derivante dalla coscienza di aver soddisfatto col mio lavoro un bisogno umano. 3) Proverei inoltre la soddisfazione di essere stato il mediatore fra te e il genere umano, di essere riconosciuto e sentito da te come un complemento del tuo proprio essere e come una parte necessaria di te stesso, di essere accettato nel tuo pensiero e nel tuo amore. 4) Avrei la soddisfazione di creare immediatamente la tua manifestazione vitale nella mia manifestazione vitale individuale, e di aver così realizzato e affermato nella mia attività individuale la mia vera natura, il mio essere umano comune (‘Gemeinwesen’). Le nostre produzioni sarebbero altrettanti specchi, da cui i nostri esseri si irraggerebbero l’uno verso l’altro» (16)” [Miguel Abensour, ‘La democrazia contro lo Stato. Marx e il momento machiavelliano’, a cura di Pario Pezzella, Napoli, 2008] [(Kar: Marx, ‘Scritti politici giovanili’, cit., p. 108; (16) Marx-Engels, ‘Gesamtausgabe’, erste Abteilung, band III, Marx-Engels Verlag GMBH, Berlin, 1932, pp. 546-547]
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- Articolo pubblicato:21 Ottobre 2017