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“Tuttavia il governo bolscevico sembrò in un primo tempo incline ad avere relazioni ufficiali con la Santa Sede, facendo comprendere che avrebbe gradito anche un rappresentante del Vaticano a Mosca (31). Colloqui in tal senso avvennero a Berlino nel 1920 fra Mons. de Ropp e rappresentanti russi concernenti tre punti: piena libertà di coscienza, piena libertà di culto e di istruzione religiosa e restituzione dei beni confiscati. In quel periodo, quando tutte le grandi potenze gli erano nemiche, il governo russo pensava di potere risollevare il suo prestigio all’estero pure in questo modo; e fece passi in tale direzione anche durante le trattative che precedettero l’invio di soccorsi del papa alle popolazioni russe. Le trattative si arenarono quasi subito. La Santa Sede non venne incontro a questi desideri del governo russo ritenendo che corrispondessero ad una ragione di tattica, peraltro velleitaria, anche perché non avevano avuto seguito i tentativi di negoziato messi in atto dalla Santa Sede con diversi canali diplomatici, quali la nunziatura di Varsavia e le rappresentanze russe in Germania e in Italia. Comunque, Benedetto XV non ritenne opportuno di riprendere il processo al socialismo e al comunismo e neppure di condannare espressamente la rivoluzione. Nonostante il clima generale di persecuzione, il papa Benedetto XV nell’agosto 1921, dinanzi a quella che definì «una delle più spaventose catastrofi della storia» (32), si attivò per aiutare le popolazioni russe colpite dalla carestia che portava fame e morte, soprattutto fra i bambini; poi, tramite il comitato internazionale di soccorso che si era costituito a Ginevra, invitò tutte le nazioni ad organizzare l’invio di aiuti senza ritardi superando le lungaggini della politica. Il papa destinò come personale contributo la somma di 1.000.000 di lire italiane. Queste gravissime condizioni avevano indotto Lenin, nel marzo del 1921, a decidere un parziale e provvisorio ritorno al capitalismo privato con la NEP (Novaja Ekonomiceskaja Politika), reso necessario dalle gravi distruzioni provocate dalla lunga guerra civile alle strutture economiche e sociali della Russia, ma senza nascondersi i rischi di una restaurazione capitalista; a tal fine Lenin aveva deciso l’assoluta concentrazione del potere nella mani del partito, limitando fortemente la libertà dei partiti non comunisti (33). Pio XI, succeduto a Benedetto XV nel 1922 e sommo pontefice fino al 1939, riprese l’iniziativa per gli aiuti alla popolazione russa, rinnovando l’appello agli stati e ai vescovi di tutto il mondo e destinando anche la somma di 2.500.000 di lire italiane; successivamente decise l’invio di una missione in Russia guidata dal padre Walsh, che dopo difficili negoziati tra il card. Gasparri e il rappresentante russo Vorovskij giunse a Odessa il 29 settembre 1922 (34). Questo diplomatico russo fu anche incaricato dal suo governo di curare rapporti costruttivi con il Vaticano al fine di giungere all’ottenimento almeno del riconoscimento di fatto del governo russo. In concomitanza, fu approntato a Mosca un progetto di decreto sullo ‘status’ giuridico della chiesa cattolica in Unione Sovietica; era un progetto che aveva il forte sostegno del commissario per gli affari esteri Cicerin che più di ogni altro si rendeva conto della rilevanza politica internazionale di una simile decisione. Ma tutto si arenò soprattutto per il progressivo irrigidimento degli organi politici sovietici (35). Ma forse la fase più drammatica dei difficili rapporti fra la Santa Sede e il regime bolscevico si ebbe nel marzo-aprile 1923 con la celebrazione del processo e la condanna dell’arcivescovo cattolico mons. Cieplak, arrestato una prima volta nell’aprile 1920, e di altri ecclesiastici. Il processo, durato cinque giorni, si concluse con la condanna a morte dell’arcivescovo Cieplak e del prelato Budkiewicz, che fu poi fucilato, e pene detentive per gli altri ecclesiastici cattolici. L’esecuzione della condanna di mons. Cieplak fu prima rinviata, poi commutata nel carcere a vita, infine, su pressioni esercitate e fatte esercitare da Pio XI, mons. Cieplak fu liberato e raggiunse Roma il 9 maggio 1924 (36)” [Giovanni Barberini, ‘L’Ostpolitik della Santa Sede. Un dialogo lungo e faticoso’, Bologna, 2007] [(31) Si veda l’ampio lavoro di S. Trasatti, ‘La croce e la stella. La chiesa e i regimi comunisti in Europa dal 1917 a oggi’, Milano, 1993; (32) Lettera di Benedetto XV al card. segretario di stato del 5 agosto 1921, in “Civiltà cattolica”, III (1921), p. 289; (33) Documentazione e resoconti in “La civiltà cattolica”, I, 1920, pp. 187 s; III, 1921, pp. 291 s. e 377; IV, 1921, pp. 165 s. Per tutti si veda R. David e J.N. Hazard, ‘Le droit soviétique’, t. I, Paris, 1954, pp. 125 s. E’ stato osservato che «conservare il potere fu per i bolscevichi un’impresa ben più straordinaria che assumerlo». Nel periodo difficilissimo dal 1918 al 1922 si manifestarono le grandi delusioni delle masse popolari che avevano accettato la dottrina del bolscevismo con entusiasmo, impossessandosi delle terre e realizzando il controllo delle fabbriche: Chamberlin, ‘Storia della Rivoluzione russa, 1917-1921’, cit. p. 857. Frattanto, dal 1922, Lenin aveva progressivamente lasciato la piena attività politica perché colpito da emiplegia, fino alla morte avvenuta il 21 gennaio 1924. Gli successe temporaneamente Rykoff come presidente del consiglio dei commissari del popolo; fino a che, dopo lotte violente all’interno del partito, tutto il potere fu preso da Stalin; un personaggio che già Lenin avrebbe voluto allontanare dalla segreteria del partito per le sue tendenze dittatoriali, come aveva scritto nel suo testamento politico che Stalin riuscì a non far pubblicare con l’appoggio di alcuni membri del comitato centrale] [Lenin-Bibliographical-Materials] [LBM*]