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“La spinta popolare (…) che sosteneva l’azione energica di Robespierre, di Saint-Just e Marat, tendeva a porre il governo dittatoriale giacobino del Comitato di Salute Pubblica non solo contro i ceti dell’aristocrazia e del clero, ma anche contro la grande borghesia. Robespierre erroneamente credette di poter mantenere l’equilibrio delle forze colpendo da un lato duramente a destra Danton, che era diventato il portavoce della grande borghesia, e dall’altro a sinistra col soffocare e mandare a morte gli «arrabbiati» di Jacques Roux, e i seguaci di Hébert, che esprimevano le aspirazioni immediate delle masse popolari, e cioè la lotta a fondo contro gli speculatori, contro l’alta borghesia e l’abolizione del massimo dei salari. L’indebolimento del blocco giacobino dal lato delle masse popolari rese facile ai gruppi dell’alta borghesia di agire contro Robespierre, ormai isolato, senza la preoccupazione di un movimento popolare in sua difesa. Il colpo di mano con il quale Robespierre fu arrestato e subito dopo mandato a morte dagli avversari legati alla grande borghesia, segnò l’inizio di una reazione antipopolare. I «termidoriani», come furono chiamati gli uomini che il 27 luglio 1794 (termidoro nel calendario rivoluzionario) fecero il colpo di mano contro Robespierre, non si limitarono a perseguire e a mandare a morte i seguaci di Robespierre e i giacobini; essi subito abolirono le officine statali a vantaggio di quelle private, soppressero i calmieri dei generi alimentari, mantennero le proibizioni di coalizione contro gli operai mantennero il massimo dei salari, non curandosi di gettare nella miseria e nella disperazione larghi strati della popolazione di Parigi, che insorse a più riprese. I termidoriani repressero duramente quei pericolosi moti. Essi in tal modo attraverso «il terrore bianco» e la creazione di una nuova costituzione che dava nelle mani dell’alta borghesia il governo dello Stato, il Direttorio (composto di cinque membri), davano libero sfogo allo sfruttamento dei ceti lavoratori e sfrenato sviluppo alla speculazione più sfacciata a danno del popolo. «Sotto il regime del Direttorio – hanno scritto Marx ed Engels – la ‘società civile’ … erompe in possenti correnti vitali… mania d’arricchimento, ebbrezza della moderna vita civile il cui primo godere di se stessa è ancora audace, leggero, frivolo, inebriante; ‘effettivo’ illuminismo della ‘proprietà fondiaria’ francese, la cui organizzazione feudale era stata frantumata dal martello della rivoluzione e che ora il primo ardore febbrile dei molti nuovi proprietari sottopone ad una coltura intensa; primi movimenti dell’industria diventata libera: questi sono alcuni indizi della vita della nuova società civile appena sorta. ‘La società civile’ è rappresentata ‘positivamente’ dalla borghesia. La borghesia inizia quindi il suo regime. I ‘diritti dell’uomo’ cessano di esistere ‘semplicemente’ nella teoria» (‘La sacra famiglia’, Ed. Rinascita, pag. 133). In questa nuova situazione le insurrezioni popolari e le congiure, come quella degli Eguali di Babeuf, segnarono il primo manifestarsi della contraddizione futura, che stava per generarsi nel seno della società borghese, quella fra la classe dominante, la borghesia, e «il proletariato che cominciava appena a distaccarsi dalle masse nullatenenti come il ceppo di una nuova classe» (Engels, ‘Antidühring’). Babeuf, nato da poverissima famiglia, denunziava il crescente aggravarsi delle condizioni dei ceti popolari sotto il dominio dell’alta borghesia, e lanciava il grido di guerra, della «guerra dei plebei contro i patrizi, dei poveri contro i ricchi», cominciata da «quando le istituzioni tendono a far sì che gli uni prendano tutto e che agli altri non resti nulla». Egli propugnava l’eguaglianza reale attraverso la creazione di «istituti capaci di assicurare e mantenere inalterata l’eguaglianza di fatto». Secondo Babeuf tutto questo si poteva attuare attraverso la «creazione di una amministrazione comune, col sopprimere la proprietà privata, col legare ciascuno al mestiere e all’industria cui è predisposto, con l’obbligarlo a consegnare il frutto al magazzino comune, e con lo stabilire un sistema di distribuzione che assicuri la più rigorosa uguaglianza». Il comunismo assai primitivo di Babeuf non era in grado di far valere gli interessi del proletariato, anche perché il proletariato stesso era ancora poco sviluppato nella forma moderna. «I primi tentativi fatti dal proletariato per far valere direttamente il suo proprio interesse di classe in un tempo di fermento generale, nel periodo del rovesciamento della società feudale, dovevano di necessità fallire – affermano Marx ed Engels nel ‘Manifesto del Partito comunista’ in riferimento alla congiura di Babeuf -, sia per il difetto di sviluppo del proletariato, sia per la mancanza di quelle condizioni materiali della sua emancipazione le quali non possono essere che il prodotto dell’epoca borghese». Queste oggettive difficoltà furono la causa fondamentale del fallimento della congiura per l’Eguaglianza, che Babeuf organizzò nel 1796. L’anno dopo Babeuf fu arrestato e soppresso” [AaVv, ‘La lotta delle classi nella storia d’Italia’, Roma, 1970 ca] [Lezione quarta, L’epoca delle rivoluzioni borghesi].